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Coronavirus, Maurizio Sanguinetti: "Possibile la diffusione in tutta Italia, essenziale trovare il paziente 0"

Cristina Agostini
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Come mai tanti casi di coronavirus a Nord e in particolare in Lombardia? Ed è possibile che ci siano già casi simili a Sud e al Centro, ma non siano ancora venuti alla luce perché non sottoposti ad adeguati controlli? Lo chiediamo al professor Maurizio Sanguinetti, direttore del dipartimento di Scienze di Laboratorio e Infettivologiche della Fondazione Policlinico Universitario Gemelli di Roma. Professore, al momento risultano 229 contagi nel Nord italia, di cui 172 solo in Lombardia. Perché così tanti contagi nel Nord? «La Lombardia ha il primato verosimilmente perché qui c' è il focolaio più significativo. E poi consideriamo che è la regione con più scambi internazionali, nella quale è più probabile che sia arrivato il paziente 0 dalla Cina o comunque una persona che è stata in contatto con un contagiato in Cina o in un altro Paese». Se non ci fosse stato il paziente 1, non avremmo mai saputo del contagio di tutti gli altri? «In qualsiasi analisi epidemiologica bisogna partire dal paziente e da lì ricostruire la catena di contagi e infezioni, procedendo a ritroso e allargando a cerchi concentrici la ricerca di tutte le persone con cui è stato in contatto. In questo senso sì, identificare il paziente 1 è stato fondamentale per risalire ad altri casi simili». Il premier Conte dice che il numero così alto di casi riscontrati è dovuto «ai controlli più accurati che facciamo». Ha ragione? «Sì, è plausibile. L' approccio che stiamo seguendo, ossia lo screening massivo, ci permette di identificare il numero massimo di casi positivi e così di evitare di alimentare l' epidemia. Certo, il modo migliore per contenere la diffusione del virus sarebbe trovare al più presto il paziente 0, ossia l' anello di collegamento tra i due focolai italiani». È possibile che in altre regioni, oltre a quelle note, ci siano stati contagi ma non siano emersi, magari per controlli meno capillari? «Non è possibile escluderlo. Consideriamo però che una quota significativa dei casi di coronavirus richiede un ricovero ospedaliero. Quindi, se anche ci fossero altrove dei casi latenti, sarebbero lievi. Per quanto riguarda la Regione Lazio stiamo facendo controlli molto accurati su tutto il territorio. D' altronde, sottoporre a screening ogni italiano che manifesti un raffreddore è un compito molto difficile». Prima o poi il contagio è destinato ad estendersi all' intera Penisola? «Statisticamente è possibile. Anche perché è difficile limitare gli spostamenti degli individui in tutto il territorio nazionale. Essendo improbabile che il virus si fermi, è fondamentale che si continui a mantenere alta l' attenzione. Solo così si potrà limitare il danno». Come mai in Francia, Germania e Gran Bretagna, che non hanno sospeso i voli diretti né hanno messo in quarantena chi tornava dalla Cina, i casi sono notevolmente inferiori? C' è stata più informazione e i potenziali infetti non si sono recati nei Pronto Soccorso a fare da untori oppure lo screening su tutti i casi possibili, anche quelli lievi, è stato meno accurato che da noi? «Entrambe le ipotesi sono ragionevoli. Ce n' è però una terza: in Francia, Germania e Gran Bretagna i primi casi sono stati identificati e isolati in modo tempestivo. E ciò ha consentito di spezzare da subito la catena epidemiologica. Noi invece abbiamo scoperto il primo caso con un po' di ritardo. Ciò non significa dare colpe a nessuno: probabilmente il periodo in cui il paziente 1 è stato asintomatico è stato più lungo che in altri casi e ciò ha fatto sì che contagiasse molte più persone». Guardando indietro, avrebbe avuto un senso mettere in quarantena obbligatoria da subito tutte le persone che tornavano dalla Cina? «Se era politicamente possibile, avrebbe avuto senso. Se poi ciò fosse fattibile, è un altro discorso: avrebbe voluto dire individuare tutte le persone, non solo quelle arrivate direttamente dalla Cina, ma anche quelle che avevano fatto scalo altrove. A oggi il risultato italiano può sembrare poco brillante, ma a mio avviso si è fatto molto. Quando ci fu l' influenza suina, l' H1N1, la situazione sfuggì di mano e ci furono molti più contagi. In confronto adesso la situazione è sotto controllo». In ogni caso il paziente 0, chiunque sia, ha avuto in modo diretto o indiretto un contatto con la Cina? «Assolutamente sì, è impossibile che ci sia stato un focolaio autoctono in Italia». Da ultimo, è ragionevole pensare che ci siano dei casi di coronavirus anche in Africa, ma non siano venuti alla luce per la limitatezza delle strumentazioni sanitarie? «Non lo posso escludere, soprattutto nei Paesi africani meno attrezzati. Ma anche lì, se ci sono dei focolai importanti, prima o poi dovrebbero evidenziarsi». di Gianluca Veneziani

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