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Coronavirus, "i test rapidi non trovano le varianti". Crisanti, bomba su Zaia: "Perché così tanti morti in Veneto"

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I test rapidi anti-Covid, i cosiddetti "antigenici", non riescono a individuare la positività alle varianti "locali". E questo, sostiene uno studio guidato dal professor Andrea Crisanti e dai ricercatori dell'Università di Padova, spiegherebbe il boom di contagi in Veneto durante la seconda ondata. Proprio in Veneto, infatti, il governatore Luca Zaia (che aveva scelto Crisanti come consulente durante la prima ondata, salvo poi rompere il rapporto istituzionale qualche mese dopo) aveva adottato su larga scala i tamponi istantanei, che costano meno dei molecolari e danno risultati pressocché immediati.


 

 

Secondo Crisanti, però, gli antigenici "perderebbero per strada" fino a metà dei positivi, spiega il Fatto quotidiano: "Il test antigenico ha mancato di identificare correttamente la presenza di Sars-Cov-2 in 19 dei 61 campioni che mostrano un chiaro segnale positivo nella Rt-Pcr (molecolare, ndr). Comparandolo con la Rt-Pcr, Panbio mostra una specificità del 99,9% (99,6-100) e una sensibilità del 68,9% (55,7-80,1)". La sensibilità è la capacità di evitare falsi negativi: Abbott, fornitrice del test Ancov Panbio, dichiara il 93,3%. Secondo lo studio il "valore predittivo positivo" è tra l'82% e il 48,7% a seconda che il margine d'errore sia 0,005 o 0,001. Il problema non riguarderebbe le varianti inglese o brasiliana, che riguardano la proteina Spike (S), ma quelle "locali", dell'antigene N, e particolarmente diffuse in Veneto tra ottobre 2020 e febbraio 2021, prima dell'arrivo del Covid con la mutazione inglese. Lo studio di Crisanti è in corso di revisione da parte di una prestigiosa rivista britannica e, come facilmente immaginabile, riaprirà la polemica tra il professore e il governatore leghista. 

 

 

 

Nel frattempo, oggi si l'Istituto superiore della Sanità dovrebbe rendere nota la diffusione delle varianti inglese, brasiliana e sudafricana. Quella inglese potrebbe essere arrivata al 70/80% partendo dal 54% rilevato sui positivi del 18 febbraio: paradossalmente, una buona notizia perché poco resistente ai vaccini e dunque più facilmente contenibile. La brasiliana, invece, suggerisce il Fatto, "potrebbe aver raggiunto il 20% dei casi in alcune aree dell'Italia centrale".

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