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Covid, "cervello bucato dal tampone": il caso di una donna sconvolge il mondo, quali rischi si corrono

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I tamponi offrono un falso senso di sicurezza perché non possono evitare un buon 30% di falsi negativi, concedendo quindi il via libera e persone positive al Covid che, acquisendo il Green Pass e avendo accesso ai luoghi pubblici e di lavoro, poi infettano tra le 6 e le 7 persone di media, scatenando un effetto a catena. Allo stesso tempo, però, i tamponi sono sicuri dal punto di vista della salute, non comportando problemi nonostante siano particolarmente invasivi per naso e gola.

Recentemente, però, Roberto Burioni ha menzionato il caso di una donna che ha riscontrato la perdita di liquido cefalorachidiano dopo essersi sottoposta a un tampone rino-faringeo. Quest’ultimo può quindi rappresentare un pericolo o quello citato da Burioni è soltanto un rarissimo caso? La risposta corretta pare essere la seconda, dato che sono stati condotti degli approfondimenti: quella donna presentava già un difetto nel basicranio e quindi il tampone avrebbe causato il trauma ma non in qualità di diretto responsabile.

Conferme sull’impossibilità per un tampone di penetrare nel cervello sono arrivate dalla prestigiosa Johns Hopkins University, secondo cui per verificarsi uno scenario del genere il test “dovrebbe attraversare strati di muscoli nonché la base del cranio, di notevole spessore, per avvicinarsi alla barriera ematoencelafica, e non è proprio possibile”.

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