Lucia Annunziata dopo l'assoluzione di Berlusconi: "La magistratura fa pena"
"Tutti a casa, compagni. La guerra è finita e noi la abbiamo persa". Esordisce così Lucia Annunziata dalle colonne digitali dell'Huffington Post. Parla dell'assoluzione di Silvio Berlusconi e lei, anti-Cav militante (il suo scontro in tv con l'allora premier è nella storia dell'italico piccolo schermo), riconosce di aver perso. "L'uomo è in verità un politico integerrimo", scrive con parecchio sarcasmo. "Ci rassegniamo dunque. C'è chi vince e c'è chi perde, e tocca accettare le sconfitte", aggiunge dopo aver ospitato sull'Huffington, poco prima della sentenza, un articolo in cui spiegava perché 7 anni per Berlusconi nel processo Ruby erano troppi. Attacco alle toghe - Dopo aver riconosciuto la sconfitta, l'Annunziata passa all'attacco, e spiega che questa sentenza le fa "pena". "La prima parte che mi fa più pena di questa sentenza (sì, ho detto pena)", spiega, è "l'assoluzione dal reato di concussione. Fatemi capire: un premier può telefonare in Questura e fare pressione sui dirigenti dallo Stato sui dipendenti da cui dipende il rispetto della legge, e questo gesto non è pressione, è una legittima iniziativa?". Una domanda retorica, quella di Lucia, che non vuole in verità alcuna risposta. Fa effetto, però, notare come nel giorno della sentenza favorevole a Berlusconi, chi come l'Annunziata è sempre ed incondizionatamente stato dalla parte della magistratura, passi ad attaccare la magistratura stessa. "Penosa", di fatto, poiché una sentenza che fa "pena" è tutta imputabile alle toghe. Una clamorosa piroetta, quella di Lucia, che dal Tribunale di Milano, evidentemente, si aspettava ben altra "punizione" per il leader di Forza Italia. "Giù il cappello, ma..." - L'intemerata prosegue con "la seconda lezione da trarre da questa sentenza", che è "fare tanto di cappello al centrodestra italiano. Ha sempre detto che i giudici sono politicizzati. Che sia vero? Oppure i giudici sono molto attenti ai climi stagionali, come spiegarsi altrimenti oscillazioni così radicali tra il massimo di una sentenza e la assoluzione?". Alza il tiro, Lucia. Lo alza contro le toghe, ma anche contro Matteo Renzi e Giorgio Napolitano. Già, perché, scrive, "c'è da dire che un vantaggio c'è nell'attuale soluzione: c'è da #starsereni. Quando nel futuro rileggeremo la storia d'Italia il leader politico che ha firmato le riforme che cambieranno il sistema in vigore dal 1948 non sarà definito un condannato, bensì un politico integerrimo e, in più, perseguitato politico. C'è da#starsereni - scimmiotta l'hashtag preferito del premier -: abbiamo un padre della patria a fianco di Matteo Renzi". Risveglio complottardo - E dopo le allusioni, neppur troppo velate, la direttrice dell'Huffington Post rende cristallino il suo pensiero. "Che poi questo era il punto, no? L'Italia aveva bisogno di riforme, e se serviva farlo con un condannato, è bastato togliere la condanna. Un classico caso di montagna che è andata da Maometto". Per Lucia, "l'assoluzione risolve così il maggior problema che aveva il Premier, e il maggiore che il presidente Napolitano voleva risolvere". Dunque l'accusa, diretta, neppure nascosta con la retorica, o almeno non troppo: "Si immagina che il Presidente (Napolitano, ndr) sia stato correttamente terzo mentre si giocavano i destini di tante persone. Ma forse i giudici sanno interpretare oltre che le parole anche i silenzi". Dopo l'assoluzione di Berlusconi, dunque, l'Annunziata si risveglia avvelenata con la magistratura. E complottarda: dietro questa sentenza, lascia intendere, ci sarebbero la "manina" del premier e i "silenzi" di Napolitano...