Facebook vieta gli attacchi ai rom di Matteo Salvini ma sfotte il cieco Andrea Bocelli
Risale al 7 maggio l'evento Facebook «Gattini su Salvini». Invitava a «scatenare pucciosi gattini sulla bacheca di Salvini in nome dell'amore!»: 26.000 i partecipanti. E chissà quanti altri, senza registrarsi, han spiaccicato mici in calce ai post della pagina del leghista. In contemporanea altri lo bombardavano su Twitter gonfiando l'hashtag #gattinisusalvini. A flashmob virtuale concluso, l'organizzatore Progetto Kitten si vantava dell'eco mediatica raccattata. Chiosava d'aver scritto una «pagina di storia del social in Italia» e invitava a suggerire chi «gattinizzare» nel calderone qualunquista dopo Matte. Glissiamo sulla banalità stratosferica del flashmob come forma di protesta, telematico, poi... (provate a dire a un marine che c'è chi crede di «combattere» con indice e pollice su un mouse apponendo foto di felini su una bacheca Internet). Soffermiamoci solo sul fatto che Salvini è percepito dalla vox populi e dai dem nostrani come «portatore d'odio» e punto. A prescindere dai contenuti espressi. Quel 7 maggio, Matteo aveva scritto tra l'altro: «Il disabile italiano, con genitori italiani, con nonni italiani, deve campare con 250 euro al mese. Per chi sbarca invece vitto e alloggio per oltre 1000 euro al mese». Non uno dei cretini graffitari di gattini - ottusamente convinti che Salvini sia razzista senza neanche analizzare ciò che dice - ha riflettuto sull'eventuale giustezza di quel paragone tra elemosine assistenziali che lo Stato stanzia per i suoi cittadini e le botti d'oro che dona ai clandestini. Sul doppiopesismo perpetrato da uno Stato che abbandona a se stessi i suoi figli e iperprotegge quelli non suoi a discapito dei primi. Che magari sono anch'essi in condizioni esistenziali delicate, com'è per i disabili. Se questi ribelli da mouse, che si sentono anche idealisti, lo fossero davvero, si sarebbero fermati davanti a quello ed altri post con cui Salvini denunciava la sproporzione tra le due mani dell'attuale Stato sociale. Del generico disabile citato da Salvini non frega a nessuno. E neanche di un disabile non certo ignoto come Andrea Bocelli. Su Facebook esistono pagine a lui dedicate con nomi come «Andrea Bocelli che vede cose»; «Andrea Bocelli che non vede l'ironia di certe immagini». C'è perfino la pagina dell'evento «Chiedere scusa a Bocelli per i meme su di lui». Cosa contengono? Decine di fotomontaggi vergognosi. Davvero discriminatori, non supposti tali, come per Salvini quando parla di clandestini. Sono pagine e meme il cui unico scopo è farsi beffe del cantante e della sua cecità. Ce n'è uno in cui il tenore apostrofa «Ehi bellissime!» due signore molto brutte. In un altro, con una grattugia in mano - scambiata per un libro in Braille - domanda: «Chi ha scritto queste stronzate?». Questa è stata addirittura postata da una donna, altra categoria sempre additata di essere oggetto di discriminazione... Alla faccia. In un altro ancora Andrea, fotomontato come il celebre ragazzo No Expo, dice: «Non ci vedevo più dalla rabbia, un bordello, non vedo perché non si debba partecipare». Sotto, questi commenti: «Scusa Boccello ma come caaazzo li leggi gli spartiti eh??»; «Facciamogli vedere chi siamo». Vien da chiedere dove siano in questo caso i 26.000 e oltre giustizieri social dell'odio di Salvini. E i vertici di Facebook, che bloccarono l'account di Salvini per 24 ore poiché aveva usato la parola «zingari». di Gemma Gaetani