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Vittorio Sgarbi a Giampiero Mughini dopo Stasera Italia: "I suoi calci non arriveranno al mio c**o"

Caterina Spinelli
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"Leggo le ultime esternazioni del qualunquista Mughini, noto per assumere la solennità di chi finge una autorevolezza che non ha. Anche per questo non mi è mai piaciuto. Ritrovo i suoi argomenti, che sono l'uso delle mani e i calci in c**o. Altri credibili argomenti non ha, vivendo la contraddizione di chi loda la magistratura, sempre e comunque, essendo pagato da Berlusconi, che dei magistrati è stato vittima, a partire dall'avviso di garanzia di Borrelli e dei suoi sostituti al G8 di Napoli, che ha fatto cadere il suo governo, e si è, naturalmente, mostrato senza fondamento". Vittorio Sgarbi esordisce così nella lettera inviata a Dagospia sulla lite avvenuta a Stasera Italia con il giornalista Giampiero Mughini. "Io non ho paura di niente né, tantomeno, di un ottantenne poco arzillo. Mi dispiace vederlo così. Ma, diversamente da lui, non ho mai voluto e non voglio ricorrere alla violenza fisica; e ho semplicemente tentato di impedirgli di avvicinarsi a me, graffiandomi con il suo smalto per le unghie. Non volevo picchiarlo, essendo più grande e più giovane. Mi ha fatto pietà. Mughini ha poco da dire e da scrivere su di me, non ne ha la competenza". Leggi anche: Sgarbi a petto nudo contro i grillini: "Vigliacchi e traditori" Poi ancora: " Mi offende, e si stupisce che io continui ad offenderlo. Ammira la Zanzara, che vive di insulti, solo quando non si parla, inevitabilmente male, di lui. La sua vera punizione è lo straripante consenso che centinaia di migliaia di persone mi hanno manifestato per avere spazzolato la sua arroganza e la sua prosopopea. Ero in Parlamento, il giorno dopo lo scontro, e una telefonata da parte di sconosciuto mi porta alle orecchie la voce di Mughini, ascoltata da numerosi colleghi, e da me registrata. Non ho avuto il sospetto che fosse un imitatore; e, come tale, non si è rivelato. Sembrava (era) proprio lui. Infine: "Mi chiedeva, perentoriamente, le scuse pubbliche, che gli ho negato, argomentando le mie critiche alle inchieste politiche dei magistrati, da Berlusconi a Calogero Mannino, come ragione sostanziale e irriducibile del nostro contrasto. Non certo per fatti personali. Il pensiero di Mughini mi è sempre stato indifferente. Mi ha chiesto allora, con eguale prepotenza, le scuse private. Rifiutate anche quelle, il vero o finto Mughini (non c'è differenza) ha concluso con l'auspicio di non rivedersi mai più in vita. Ho convenuto, senza rimpianto. Ma se dovesse accadere, per caso, di rincontrarsi, sappia che i suoi calci non arriveranno al mio c**o prima che egli abbia a pentirsene. Ha confuso per terrore la mia commiserazione per la sua oscena vecchiaia. Incidenti dell'età. Picchiare un ottantenne sarebbe come picchiare un bambino.  

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