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Gabriele Muccino, l'amaro consiglio: "Le famiglie felici non esistono. Ai miei figli..."

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Daniele Priori
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Arriva domani su Sky e in streaming su Now Tv l’attesissima seconda stagione della serie A casa tutti bene, diretta da Gabriele Muccino, prodotta da Sky Studios e da Andrea e Raffaella Leone per Lotus Production. La serie, presentata ieri a Roma, si compone di otto nuovi episodi dentro i quali, ha spiegato il regista «ho potuto raccontare meglio tutti i lati della psiche umana che rende gli uomini così fallati». Nelle otto puntate «ogni personaggio ha un’ora di tempo per raccontarsi» ha detto Muccino che nell’incontro con i giornalisti era affiancato da alcuni degli attori protagonisti: Francesco Scianna, Silvia D’Amico e Simone Liberati. Pessimista sul futuro della società e narratore instancabile di storie e dinamiche legate alla famiglia, Muccino (che a settembre tornerà dietro la macchina da presa per un nuovo film), nelle due stagioni tratte da A casa tutti bene, che non è escluso possano avere un ulteriore seguito, ha rinfrescato un genere in realtà antico qual è la saga famigliare nella quale ha immesso un’avvincente inserto crime.

 

 

 

La famiglia è davvero un pozzo senza fondo dal quale pescare storie sempre più torbide?
«Ho sempre cercato di raccontare quanto fosse difficile stare al mondo ma non avevo mai avuto il coraggio di entrare in quella zona oscura, propria dell’essere umano, che è il momento in cui, per salvarti, uccidi un’altra persona. Qualcosa che è insito nell’uomo quanto lo è l’amore. Siamo cresciuti sulle tracce di sangue di chi ci ha preceduto».

La sua ansia di cui raccontavano anche i suoi attori può derivare anche dal fatto di voler scavare sempre più a fondo?
«Io cerco la vibrazione che però si porta dentro il caos fino a farti perdere quasi il controllo di te stesso. Questa volta avevo evidentemente una scatola nera nel mio subconscio che voleva entrare nell’abisso e la televisione, privandomi dello stress di portare le persone al cinema, mi ha messo nelle condizioni di rimuovere quella parte di me che mi limitava nell’esplorare l’animo umano e mi portava a non raccontare cose anche più spiacevoli o provocatorie dal punto di vista morale».

Esistono le famiglie felici?
«Non faccio né il sociologo né lo psicanalista. Ho le stesse esperienze di tutti. Ho letto libri, visto tanti film, vissuto anche tante vite facendo i film e tutto questo mi ha fatto desumere che non esistono».

A casa tutti bene riflette anche il momento storico in corso?
«Nella mia carriera ho sempre scritto quello che sentivo in me. Non ho mai pensato di pormi al di sopra degli altri. Però sono molto permeabile. Tracciando una linea e riguardando da fuori alcuni miei film, ci si accorge di come l’orizzonte tra L’ultimo bacio, girato prima dell’11 settembre e Ricordati di me che è successivo, si sia chiuso. I ragazzi de L’ultimo bacio erano divoratori di vita, ancora pronti a credere che la fuga fosse necessaria. In Ricordati di me invece l’ipocrisia è sovrana. Si cerca di apparire più che di essere. Era già il ritratto di una paura che ci è arrivata addosso e non ci siamo più scrollati».

 

 

 

Le paure più attuali sono rappresentate dalla guerra e dalla pandemia. Ma secondo lei c’è qualcos’altro che ha turbato l’animo dell’uomo?

«È un momento molto tragico per la storia dell’uomo. Siamo stati disarcionati dalla nostra capacità di verbalizzare fisicamente le emozioni. L’uso maldestro dei social ha fatto impazzire un po’ l’umanità. Non siamo pronti a essere così sovraesposti. La violenza è sempre esistita ma prima lo stress era fisico. Ora si combatte chi non si conosce. Qualcosa che non è mai successo e che sicuramente ci porterà da qualche parte diversa dalle precedenti».

Ha avuto modo di riflettere sulle tematiche legate all’intelligenza artificiale?

«Ci sto riflettendo ogni giorno. È quello che è stato raccontato nei film di fantascienza da James Cameron a Ridley Scott. La direzione la conosciamo. Il futuro prossimo è stato già elaborato nei libri e nel cinema. Conosciamo la meta dove andremo a finire. Sarà un luogo di solitudine e competizione tra la macchina e l’uomo che l’ha creata. Un momento di non ritorno».

Al netto di tutto ciò, ai suoi figli sconsiglia di farsi una famiglia?

«No. A loro do al massimo due o tre coordinate figlie della mia esperienza che credo possano aiutarli a salvarsi la pelle». 

 

 

 

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