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Teo Teocoli e Fabio Fazio: "Perché lo chiamo il Rabbino"

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Ha vissuto la Milano del Dopoguerra, "povera ma bella", Teo Teocoli. Poi quella scatenata e scapestrata degli anni Sessanta e Settanta, quella "godona" degli anni Ottanta, e infine il riflusso fine a quella di oggi, un po' triste e "ragioniera" (così definise il sindaco Beppe Sala) e capace di abbattere tutto, anche i suoi simboli come lo stadio San Siro.  Intervistato dallo Specchio, supplemento della Stampa, il grande comico milanese ricorda gli esordi da musicista (cantava ne I Quelli, la prima incarnazione della Pfm, poi è passato al Clan di Adriano Celentano) e da attore di musical (era il protagonista con Renato Zero e Loredana Bertè di Hair, con gran finale tutti nudi sul palco). E poi l'inizio della sua straordinaria carriera al Derby, con compagni di scorribande come Enzo Jannacci, Cochi e Renato, Massimo Boldi, Diego Abatantuono. Notti infinite, donne, risate, spaghettate all'alba (con Bettino Craxi). Fino all'avvento di Sua Emittenza, Silvio Berlusconi.

 

 

 

"Era un brianzolo, e non per scherzo. Sa quelli che venivano di sabato a Milano e si diceva che venivano giù con la piena? Noi eravamo un po’ più spiritosi, lui invece raccontava barzellette. In compenso pagava moltissimo chi lavorava per lui, era molto generoso, non so poi perché avesse tutti questi soldi, non ho mai indagato". Mitologico un durissimo faccia a faccia ad Arcore: "Una volta ci siamo detti una battuta, lui se l’è presa e mi ha mandato fuori di casa. Voleva farmi fare una cosa che non stava né in cielo né in terra e io gli avevo risposto: 'Lei faccia Milano 2 e Milano 3, i quartieri residenziali che costruiva, che l’artista lo faccio io'. Si offese e mi mandò fuori casa. Ero diventato un appestato, ma lui mi voleva nella sua tv perché riconosceva che ero bravo e mi fece richiamare".

 

 

 

A Mediaset Teocoli ha segnato un'epoca lavorando con la Gialappa's Band a Mai dire gol: "Loro lavoravano in una radio ed erano aiuto-autori ai tempi di Emilio, il programma che facevo alla Finivest, scrivevano battute di sport. A quel tempo c’era già il personaggio di Peo Pericoli. Santin, uno dei tre, si fracassò il ginocchio e per due anni divenni il terzo uomo della Gialappa. In seguito arrivarono anche Albanese, Aldo Giovanni e Giacomo e altri che hanno fatto strada. Poi io feci Maldini e scelsi Quelli che il calcio di Fazio, il rabbino". Soprannome bizzarro... "Perché ne ha l’aspetto, così come Pioli è 'padre Pioli', perché sembra il prete che stava una volta all’oratorio".

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