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Da Fedez a Paolo Virzì, i furiosi divorziati all'italiana

Ginevra Leganza
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Non è bello se non è litigarello (soprattutto quand’è bell’e finito). Quest’estate è la volta di Paolo Virzì, il regista, con Micaela Ramazzotti, la musa. Appena dopo Fedez con Chiara Ferragni.

Ed ecco, sono i banalissimi divorzi all’italiana e dunque i divorzi in primis alla milanese, in secundis all’amatriciana (cui segue quello sussurrato a Val Cannuta: il meno comico scisma tra Fini e Tulliani).Milanese e amatriciana, ma ancora una volta, come sempre – da Milano a Roma – sono i divorzi coi maschi che picchiano altri maschi. Le separazioni con risse annesse come quella dell’altra sera in un insalatificio sull’Aventino.

Così, dopo rapper e personal trainer a Milano, arrivano registi e culturisti a Roma. Arriva la rissa tra Paolo Virzì (l’ex) e Claudio Pallitto (il tipaccio nuovo di Micaela Ramazzotti che, un po’ come la Ferilli in Ferie d’Agosto, oscilla tra il sinistrese Molino, in questo caso Virzì, e l’energumeno Mazzalupi: tale Pallitto. Della serie: chiamatela nemesi).

 

 

Due separazioni, da Roma a Milano, cui seguono antichi duelli d’amore. Risse che ci riportano a un concetto. Unico e solo, da Nord a Sud, invero inconfessabile. Al punto che per dirlo – impacciate come siamo – prenderemo in prestito un detto che recita all’incirca così: chi libera un uomo dalle sue catene, libera soltanto un animale. Definitivo.

Ed eccoci dunque al tema. Che non è tanto il divorzio all’italiana quanto il divorziato. Ossia il maschio (romano, milanese, livornese,.rozzanese) che, dopo anni di catene femministe e di gabbie (più o meno dorate), torna sé stesso. E cioè – sia esso romanocentrico o milanese, rapper o radical – torna maschio tossico e rissaiolo. Preda del duello d’amore. O, se non altro, torna sé stesso in forma di parodia: in chiave gangsta-rap, a Milano, o di commedia all’italiana, a Roma. Addirittura torna sé stesso in chiave picaresca, in ambo i capi peninsulari, e però sempre con tocchi di colore opposti fra nightclub milanesi e trattorie sull’Aventino.

E vabbè. Sarà pure un divertissement, direte voi, questa lettura comparata degli (ex) innamorati furiosi.

 

 

Sarà pure speculazione. Ma fateci caso. Entrambi i divorziati, da Roma a Milano – e sempre in forza di rivali tatuati, e cioè culturisti come Claudio Pallitto e Cristiano Iovino (postumano che forse Fedez menò) – adesso che lei non c’è, si sono riscoperti, entrambi, sé stessi. L’uno, Fedez, oramai libero dal tossicume griffato (parole sue) e dalle canzoni con Orietta Berti (malizie nostre): oramai libero e dunque in quella linea che dalla West Coast anni Ottanta finisce nella notte milanese anni Venti (per intenderci: dal Bosco verticale di Stefano Boeri egli torna adesso al sottobosco orizzontale dei vetri rotti); e l’altro, Paolo Virzì, incredibilmente somigliante alle maschere che sbeffeggia. A quei vecchi giornalisti, intellettuali, scrittori romani dei suoi film che al quanto e come hanno vite disastrate. Che al quanto e come, insomma, un po’ come accade in Caterina va in città, non sono così poi distanti dai tipi umani che appunto dileggiano... Dai cafoni di destra – vedi ultimo film – oggi incarnati nientemeno che dai palestrati (postilla: lo stesso Pallitto pare abbia figurato in Siccità. Ancora una volta: chiamatela nemesi).

Ed ecco. Il divorziato all’italiana – maschera del costume che, dal 1970 a oggi, meriterebbe, forse, maggiori attenzioni – è l’uomo che dopo anni e anni di oppressione, dopo anni di influencer milanesi e di terrazze romane, torna a essere quel che è. Il maschio tossico che ha sempre additato. Rapper che sogna Gotham city, a Milano, e caratterista che fa a botte in trattoria, nella città più crapulona al mondo: Mamma Roma. 

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