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Chi vuol essere milionario?, dramma per Gerry Scotti: a picco, dopo l'ultima puntata un caso a Mediaset

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 E basta, adesso cambiate format, volti e musica, sennò saremo noi a cambiare canale. Abbiate il coraggio di osare, di inventare, sì di creare qualcosa di nuovo, che non sia già visto e già sentito. Sennò non solo ribadiremo quanto ci disse Maurizio Costanzo, secondo cui «la tv la guardano solo i vecchi». Ma aggiungeremo che la tv manda in onda solo cose vecchie. Ci viene da pensarlo a guardare l'insuccesso due giorni fa di due programmi storici del piccolo schermo, due nomi familiari che però ci sono venuti a noia.

Per non dire che ci hanno rotto le scatole. Chi vuol essere milionario?, il programma a quiz condotto da Gerry Scotti, è rimasto inchiodato al 10,9% di share in prima serata, con 1 milione e 867mila spettatori, mentre il suo concorrente, la fiction Nero a metà 2 su RaiUno volava con il 21,1% di share e 4 milioni e 223mila spettatori: Nero a metà, insomma, faceva il doppio. A sua volta X Factor, il talent show musicale in onda su Sky Uno, faceva registrare una delle sue peggiori performance, fermandosi, pur all'esordio stagionale, a un imbarazzante 3,1% con 654mila spettatori.

 

ETA' AVANZATA
I due programmi pagano innanzitutto lo scotto del tempo, l'età avanzata: X Factor esiste da 12 anni, Chi vuol essere milionario? da 20, che per un programma tv sono quasi un'era geologica. Certo, si tratta di puntate nuove, ma ogni volta pare di assistere a una replica, con un rituale eternamente uguale a se stesso. Si spiega così lo scarto con gli anni passati, quando ancora non c'erano i segni dell'invecchiamento: Chi vuol essere milionario?, a inizio anni Duemila, si portava a casa anche medie del 30% (era un'altra tv, con molta meno concorrenza, ma la differenza è abissale). X Factor, fino a tre stagioni fa, si teneva a galla con medie oltre il 5% e 1 milione e 200mila spettatori, in pratica il doppio dell'altra sera.

Solo che poi l'usato sicuro smette di essere sicuro e resta solo usato. Anzi, abusato. Questi programmi pagano d'altronde uno scotto originario, quello cioè di nascere importati, di essere copie di format inventati altrove: entrambi sono modellati su analoghi programmi nati in Inghilterra, Who wants to be a millionaire? e The X Factor. All'inizio il fenomeno, in nome dell'esterofilia, paga perché aggiunge un tocco internazionale alla nostra tv. Ma poi porta a chiedersi: inventarsi noi un programma, no? Perché non recuperare noi quello spirito sorgivo che ci portava a creare format che poi ci venivano imitati e non all'inverso? Si pensi alla fiorente stagione che va dagli anni '50 agli anni '70, da Il Musichiere a Portobello per intendersi. E invece ora manca il guizzo, la proposta rivoluzionaria e insieme conservatrice, che si collochi nel solco della tradizione ma la innovi. No, meglio imitare e ripetere.

 

POVERI CONDUTTORI
Questo ci pare mortificante anche per i conduttori, pur bravi, che portano avanti le rispettive baracche, Gerry Scotti e Alessandro Cattelan. Dopo tutti questi anni non sentono il bisogno di aria fresca ed emozioni nuove per non morire (televisivamente) insieme ai loro programmi? A poco servono operazioni di maquillage, come quelle fatte a X Factor, dove Mara Maionchi ha lasciato, ma sono tornati Mika e Manuel Agnelli, e sono stati aggiunti in giuria Emma Marrone e un tale Hell Raton, sconosciuto ai più. Ritocchini, piccole sostituzioni, controfigure al posto di chi c'era prima non cambiano la sostanza. Forse ci vorrebbero veramente i geni, i grandi registi e ideatori di tv, gli Antonello Falqui, gli Enzo Trapani o gli Enzo Tortora. Se ne sente tremendamente la mancanza, mentre ci accontentiamo di vedere Nero a metà non riuscendo più a sopportare il grigiore di programmi che hanno perso l'X Factor. E, di conseguenza, pure il pubblico. 

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