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Rai, se le fiction di Viale Mazzini strizzano l'occhio al Pd: serie sempre più "sinistre"

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Gianluca Veneziani
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D'accordo, parliamo solo di fiction, ma da sempre le menti della propaganda- che si tratti di sistemi democratici o totalitari poco importa - sanno bene che l'opinione pubblica si costruisce molto più tramite l'intrattenimento che attraverso l'informazione seriosa. E allora non sorprende affatto ma fa indignare molto vedere che la nuova stagione di serie tv sulla Rai continua a veicolare, in maniera più o meno palese, messaggi politicamente corretti, improntati al nuovo e vecchio pantheon della sinistra: si va dalla mitizzazione delle icone comuniste ai gay, dal femminismo ai migranti. Più che di Minculpop si tratta di Minculpd, il ministero della cultura pidiota.

Assistendo ad esempio alla seguitissima serie pomeridiana su RaiUno Il paradiso delle signore - incentrata sulle storie di proprietari e commesse di una boutique milanese anni '60 -, ti imbatti in una mega-celebrazione di Nilde Iotti, la deputata comunista qui presentata come simbolo di ogni virtù politica e femminile. Una delle commesse, con velleità intellettuali, ne scopre la figura leggendo un articolo di giornale e se ne appassiona subito al punto da definirla «una donna meravigliosa, una deputata che si batte per i diritti delle donne», «una donna come noi ma più coraggiosa» che «ha fatto la Resistenza, si è iscritta al Pci e ha avuto una relazione con Palmiro Togliatti, una relazione cementata dalle idee di giustizia, libertà, speranza. È la donna del futuro».

È talmente infoiata per Nilde, la giovane commessa della serie, da recarsi da un capo magazziniere, che si proclama fieramente comunista, e al quale chiede lumi su come approfondire al meglio, in vista della stesura di un articolo, la figura di questa «eroina», come la definisce un'altra protagonista della fiction. Il capo magazziniere, da buon devoto della rivoluzione proletaria, la incoraggia: «La Iotti è una donna fantastica. Pensare che una ragazzina come te si interessi alla Iotti mi fa ben sperare nel futuro del giornalismo italiano. La Iotti è una di quelle donne coraggiose che appartiene a una generazione che ha scritto dei capitoli straordinari della storia d'Italia senza chiedere niente a nessuno. La storia d'amore con Togliatti sembrava impossibile, il loro amore è stato veramente molto sofferto. Ma quando si è coraggiosi e si affronta la vita per cercare di migliorarla, questo è un grande merito, soprattutto se non pensi alle convenzioni sociali e alle dicerie della gente». Insomma, Nilde Iotti santa subito: dal paradiso delle signore al paradiso delle compagne il passo è breve. Evidentemente non bastava il ritratto agiografico e oleografico a lei dedicato dalla Rai con la fiction Storia di Nilde, di 2 anni fa.

 

 

 

Ma la fissa degli anni Sessanta come età del riscatto femminile a tinte rosa e rosse attecchisce anche in un'altra e nuova fiction di RaiUno, Cuori, con Daniele Pecci, la cui prima puntata è andata in onda ieri sera. La storia di una squadra di cardiochirurghi che vuole rivoluzionare la medicina con interventi mai tentati prima diventa l'occasione per raccontare la battaglia femminista di una cardiologa, Delia Brunello (interpretata da Pilar Fogliati), che si trova a lottare in un ambiente maschilista. Vittima di pregiudizi legati sia al suo sesso che alla sua bellezza, Delia - come ha spiegato la Fogliati - «arriva in reparto e i pazienti non si fidano di lei perché è donna, e anche le colleghe hanno una mentalità maschile, le dicono: "Non ti mettere la minigonna, abbottonati il camice". Delia, il mio personaggio, deve fare uno sforzo triplo per guadagnarsi l'attenzione nella sala diagnosi, deve abbattere tanti preconcetti». A cominciare da quello del nome della sua professione: «Allora si diceva cardiologo, non ancora cardiologa», ricorda la Fogliati. Già, ma allora non si diceva, con buona pace di Boldrini e compagnia della desinenza, neanche sindaca o assessora. Se non possono mancare le quote rosa in versione Me Too, nelle fiction Rai devono trovare spazio anche le quote arcobaleno.

E allora eccovi sfornata per novembre sulla rete ammiraglia la serie Un professore, col barricadero Alessandro Gassmann che interpreta la parte di un prof di filosofia, chiamato modestamente Dante, uno spirito ribelle, anticonformista (intuiamo di sinistra) che gioca a fare un po' il John Keating, quello dell'Attimo Fuggente, de noantri, spingendo gli studenti a porsi domandee a non cadere nei luoghi comuni. Ma l'aspetto interessante, si fa per dire, della narrazione è che Gassmann/Dante si trova ad assistere alla nascita di un amore gay tra suo figlio Simone e il suo alunno più scapestrato, Manuel. E questo spunto narrativo diventa motivo per approfondire il tema dell'omosessualità (mai trattato nelle fiction Rai, no eh?), dalla prospettiva del rapporto padre-figlio.

Ammazza che novità, sia per il servizio pubblico che per Gassmann il quale si è trovato a interpretare lui stesso la parte del gay nei film Croce e delizia eIl bagno turco e quella di un sacerdote alle prese con un ragazzo creduto omosessuale (e in realtà con vocazione da prete) in Se Dio vuole... Un po' di fantasia in più non guasterebbe. Epperò il canovaccio del politicamente corretto prevede temi e messaggi fissi, non importa se stucchevoli e ripetitivi, l'importante è che siano conformisti. E così anche una fiction apparentemente "scorretta" come L'ispettore Coliandro, la cui nuova stagione è appena andata in onda su RaiDue, non può non adeguarsi a celebrare le opportunità del multiculturalismo contro i pregiudizi.

 

 

 

Nell'ultima puntata i sospetti su una certa Jamila, giovane pakistana appena arrivata a Bologna e apparentemente legata a gruppi integralisti, si dimostrano infondati, perché presto la ragazza si rivelerà una 007 dei servizi segreti francesi, giunta in Italia sotto copertura per sventare un traffico di droga. Della serie: spesso pensiamo agli immigrati come a delle minacce, quando invece sono delle risorse... Un cortocircuito che la fiction su Coliandro aveva messo in scena già alcuni anni fa, allorché in Questura arrivava Asmareth, mediatrice culturale eritrea che lavorava per la Polizia e che l'ispettore credeva una clandestina. Salvo poi redimersi e scoprire che Asmareth sarebbe stata fondamentale nello smascherare una banda razzista che andava a caccia dineri. Perché i veri soggetti pericolosi sono i bianchi...

Così, tra quote nere, temi Lgbt, neofemminismo e nostalgie da pugno chiuso, il mondo della fiction Rai sembra riassumere, come in un Bignamino divulgativo a uso e consumo delle masse, le battaglie politiche di Letta. Non avendo un programma decente, il Pd si affida ai programmi del servizio pubblico. Non più l'immaginazione al potere, ma la fiction al potere.

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