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Zaki, la domanda di Fazio che lo ammutolisce a Che tempo che fa

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L'attesa intervista di Fabio Fazio a Patrick Zaki va come doveva andare: un faccia a faccia telefonato e soporifero che trascina Che tempo che fa solo nella speranza che il conduttore porga allo studente egiziano la domanda delle domande: cosa pensa di Hamas? 

Invece niente: il ragazzo che ha visto slittare la sua ospitata al debutto del programma sul Nove a causa dei suoi post anti-Israele e filo-Palestina (e molto ambigui, visti i silenzi sui terroristi) può tranquillamente esercitarsi nei suoi retorici appelli per la pace, guardandosi bene questa volta dall'accusare Netanyahu di essere un "serial killer" o dare adito a qualunque sospetto di antisemitismo. Il veleno, però, arriva inaspettatamente nella coda. La seconda parte dell'intervista è tutta incentrata sul suo libro autobiografico, Sogni e illusioni di libertà - La mia storia (edito da La Nave di Teseo), che ripercorre l'orrore della prigionia ingiusta nelle carceri egiziane. E qui Fazio ha quasi un guizzo: "Non hai paura di rischiare ancora per questo libro, ora che tornerai in Egitto?". E qui Zaki si blocca, spiazzato, quasi spaventato. 

Si parte, come detto, come da prassi con il tema d'attualità del Medio Oriente. Zaki non regala sorprese né sussulti: "Tutti noi dobbiamo pensare alla pace e come riportare gli ostaggi indietro". E ancora: "Dobbiamo lavorare tutti per la pace e trovare una soluzione politica. Anche le Nazioni Unite e il Papa hanno parlato della crisi umanitaria. I problemi che tutti i civili e gli ostaggi sono gli stessi". Quindi altre frasi fatte: "La violenza produce violenza e con la pace ci deve essere la giustizia. Non bisogna tenere presente tutto quello che è successo negli anni scorsi adesso dovremmo fare attenzione solamente a una soluzione politica. Ci sono persone che muoiono e quindi ecco perché i nostri pensieri devono andare alla pace. Dobbiamo chiedere ai leader di prodigarsi per la pace e per i civili".  "Quello che voglio è che l'Ue possa gestire varie posizioni in questo conflitto, bisogna che si aiutino gli aiuti umanitari e oggi stiamo parlando di 2 milioni di persone che non hanno acqua, elettricità e cose di base".  

Quando si passa al racconto più personale e genuinamente drammatico, la tensione sale: "C'erano delle gabbie per le persone che avevano problemi medici - ricorda a proposito della prigionia -. Non so come si possa trattare un essere umano in questo modo. Stavamo un po' tutti nelle gabbie come animali". "Le prime ore sono sempre le più difficili, perché sei soggetto potenzialmente a torture psicologiche. E' stato il momento più difficile". Quindi, dopo qualche secondo di silenzio, la risposta alla domanda a bruciapelo del conduttore: "Io parlo di quello che mi è successo. Non c'è niente di non vero". "Appunto - incalza Fazio - i regimi hanno paura della verità". "Dobbiamo assumerci dei rischi e delle responsabilità per migliorare la situazione, anche per tutti coloro che sono ancora prigionieri. Questa è una grandissima speranza, quando ho scritto il libro l'ho fatto per quello".

 

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