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Ilicic rende grande l'Atalanta perché la Dea ha fatto grande lui

Cristina Agostini
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La faccia sempre un filo stralunata di uno che non si è alzato da tantissimo, l' andamento dinoccolato, l' espressione apparentemente sempre uguale, insomma, un tipo che se ci si dovesse fermare alle apparenze non abbineresti all' identikit di un campione. Josip Ilicic è sempre rimasto lì, nelle nicchie più o meno vaste dei fantacalcisti, nelle liste dei buoni o dei cattivi dei milioni di allenatori mancati di cui sono popolati stadi, social, giornali. Però ora, finalmente, senza suscitare troppi dibattiti si può dire: è un campione, un giocatore di talento sopraffino che adesso è lì, da vedere, semplicemente perché non devi sperare di avere azzeccato la giornata buona, l' oroscopo felice. ALTRO CHE "LA NONNA" - A 31 anni e un mese, Ilicic detto "la Nonna" dai suoi soci dello spogliatoio atalantino (motivo? Lentezza, dolori, acciacchi e lamenti post-partita assortiti quanto perenni, dicono) ha trovato la sospirata continuità di rendimento e soprattutto la squadra, l' allenatore che ha saputo trovargli la posizione giusta, o ancora meglio le motivazioni giuste. Come tanti altri grandi predecessori della scuola slava - i brasiliani d' Europa, si è stereotipato per tanto tempo - lo scavalcamento della staccionata che divide l' incompiuto dal concreto è stato un Himalaya, per Ilicic, scoperto dal Palermo quasi per caso in un playoff di Europa League dell' agosto 2010, avversari gli sloveni del Maribor, semisconosciuti con improbabile maglia gialloviola che scesero al Barbera e ne picchiarono tre (a zero) ai malcapitati rosanero. Zamparini prelevò al volo il regista Bacinovic e ci allegò anche il pennellone mancino dell' attacco: quello buono pareva soprattutto il primo, e oggi sappiamo bene che alla fine si è ripetuto il film già visto altre volte, e in piazze più importanti, basti ricordare l' entusiasmo interista per l' arrivo dell' "Avioncito" Rambert, accompagnato da tale Javier Zanetti. Bacinovic è man mano sceso sulla scalinata dei campionati e dopo un ultimo anno alla Sambenedettese è attualmente svincolato; Ilicic, invece, è sempre rimasto sul palcoscenico principale incantando in una partita, risultando un punto interrogativo per le successive due, sparendo dal campo per quella dopo, entusiasmando in quella ancora seguente, eccetera. Un copione recitato a Palermo, e poi a Firenze, in quattro stagioni in cui davvero ha fatto tutto e il contrario di tutto. Fino ad arrivare al 2017, e all' approdo a Bergamo, dove ritrova Gasperini, uno dei mille mister incrociati nella consueta sarabanda zampariniana delle panchine: Josip ha giocato per tre anni in Sicilia, fate voi il conto. L' EUROPA LEAGUE - Gasp, di quel dotatissimo e intermittente mancino, si ricordava bene: non era giusto il momento, forse, la piazza, era passato qualche calendario. Adesso, a un' Atalanta molto giovane e molto da corsa, la qualità poteva servire, eccome, considerando anche il fatto che c' era anche un' Europa League da sostenere, e si sa quanto fuori dal confine serva alzare l' asticella tecnica. Il problema era incanalarla in un progetto di gioco, quella qualità, e soprattutto fare sì che questo flusso fosse continuo: detto e fatto. Gasperini ha trovato a Ilicic il posto giusto, vale a dire un flottaggio tra il centrocampo e la punta centrale con libertà di svariare, soprattutto sulla fascia destra del campo che vuol dire per lui potere accentrarsi o rientrare per liberare la parte buona. E lo sloveno, questo benedetto sinistro, l' ha finalmente fatto brillare, rendendolo abbagliante: forse solo Suso, in Serie A, ha un mancino simile, ma lo spagnolo del Milan è molto più prevedibile nel copione, poco portato a convergere e alla giocata di prima, alla verticalizzazione improvvisa e chirurgica. L' altra sera a Firenze, in Coppa Italia, l' ultima nel tempo di una lunga serie di prestazioni maiuscole, di quelle da catalogare nell' abusata categoria "vale il prezzo del biglietto". E peccato, per quei 31 anni, forse i tram grandi e colorati sno passati: ma "la Nonna" non se la prende, sta bene lì, passeggiando con la Dea. E quando passano sui campi d' Italia e - chissà - di un' altra Europa, tutti si girano a guardare: e niente fischi, solo applausi. di Davide Gondola

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