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Karel Poborsky, il dramma dell'"eroe" del 5 maggio: malattia atroce, "paralisi facciale" per colpa della barba

Giulio Bucchi
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A cavallo di Anni 90 e 2000 è stato un giocatore di primo piano del calcio europeo. Il 5 maggio 2002 ha addirittura deciso uno scudetto, con la clamorosa doppietta in Lazio-Inter 4-2 che regalò il titolo, insperato, alla Juventus. Quattordici anni dopo, nel'estate 2016, il ceco Karel Poborsky ha rischiato di morire. "Se fossi arrivato in ospedale un giorno più tardi, questa intervista non sarebbe mai uscita - ha confidato al Guardian l'esterno offensivo della Repubblica Ceca, ex Manchester United e Lazio, oggi 47 anni -. Mi hanno messo in coma indotto. Dopo essermi svegliato, mi hanno chiesto quale fosse il mio nome. Tutti i miei muscoli facciali erano paralizzati, ho trascorso tre settimane in quarantena in ospedale sotto potenti antibiotici. Non potevo mangiare, dovevo tenere gli occhi coperti perché ero molto sensibile alla luce. Ero parecchio spaventato". Poborsky era diventato famoso per le sue sgroppate e i suoi capelli lunghissimi. Lasciato il calcio nel giocato nel 2007, si è lasciato crescere una lunga barba incolta che a rischiato di ucciderlo. La spiegazione data a quell'improvviso malore, le cui cause non sono mai state accertate, sarebbe stata data dalla "convivenza" con una zecca cresciuta nella sua barba, che gli avrebbe poi trasmesso la malattia di Lyme. Oggi, dopo il grande spavento, Poborsky è letteralmente rinato, tanto da concedersi anche selfie con gli amici di un tempo, Pavel Nedved su tutti.

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