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Francesco Duzioni, lo storico capitano del Lecco si racconta: il 90enne che tutti vorremmo essere

Davide Locano
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Francesco Duzioni - per tutti Cechi - ha 90 anni (il 13 maggio, auguri) ed è lo storico capitano del Lecco in serie A. Anzi di più: un mito, una leggenda, un monumento del football là in riva al lago. In maglia bluceleste Duzioni ha giocato per undici stagioni (dal 1953 al 1964 con il record di 357 partite consecutive) vincendo il campionato di serie C e di serie B e poi è diventato il calciatore del club con più presenze in serie A: 68 su 68. Cechi ora vive a Verdello (provincia di Bergamo), dove è nato e cresciuto, e racconta un pallone d' altri tempi, più romantico e ricco di epici duelli con campioni come Sivori, Boniperti, Charles, Liedholm e Rivera. Ma svela anche il segreto per essere in forma a questa età. Già, perché guida ancora e si allena tutti i giorni. Duzioni, lei sembra non invecchiare mai: come si arriva a 90 anni così? «Cura del corpo, dell' alimentazione e un po' di fortuna: mai avuto malattie gravi». Detta così sembra facile. Proviamo a spiegarlo meglio. «Faccio vita da atleta proprio come quando giocavo: rispetto ad allora ho perso solo tre kg di tono muscolare». La giornata tipo? «Sveglia alle 7.30, colazione e poi una camminata di 5 km intorno al paese. Nel pomeriggio, a giorni alterni, palestra. A tennis, purtroppo, non gioco più da un anno per un tendine infiammato che è a rischio rottura. Se si spaccasse sarebbero guai seri. E dovrei anche smettere di guidare». Scusi, intende dire che ha ancora la patente? «Per altri due anni, poi vedremo. L' auto però la utilizzo solo per allenarmi al paese qui vicino; se c' è da andare a Bergamo mi faccio accompagnare: sa, i riflessi non sono più quelli di una volta». Diceva dell' alimentazione. Cosa mangia? «Riso o pasta in bianco, ogni tanto un filetto. Con la carne però sto attento perché non è più genuina. Ovviamente niente fumo né alcolici, a parte un bicchiere di rosso ogni tanto». Davvero una vita da atleta a 90 anni, mica male. A proposito, le partite le guarda? «Il calcio mi piace, anche se è diventato un po' maleducato. Il clamoroso sfogo di Buffon lo scorso anno dopo l' eliminazione con il Real è stato pesante, così come mi ha dato fastidio lo sputo di Douglas Costa a Di Francesco qualche tempo fa. Io, da capitano, non avrei più voluto in squadra un compagno così». È cambiato molto il modo di giocare rispetto ai suoi tempi? «Sembra quasi un altro sport, più veloce, più tattico. Ci si allena di più e meglio. E poi». Poi? «Prenda le scarpe. Allora erano pesanti e ti spaccavano i piedi: facevi fatica a fare i 100 metri. Ora sembrano pantofole: l' altro giorno in tv ho visto un calciatore che ne ha persa una se l' è rimessa subito, senza bisogno di allacciarla. E il pallone?». Dica. «Aveva la cucitura di cuoio e quando lo colpivi di testa dovevi stare attento: se la prendevi sulla fronte ti tagliavi. Con i palloni di adesso invece farei gol da centrocampo anche alla mia età E dei campi ne parliamo? Erano sempre infangati e la sfera durante la partita diventava sempre più pesante. Sa cosa facevo io al Lecco prima delle sfide casalinghe? Prendevo il rastrello e sistemavo solo la zona del terreno che poi avrei calpestato». Ora in serie A c' è il Var. «Può essere un valido aiuto. Ma ho l' impressione che spesso gli arbitri preferiscano non interpellarlo». Sessant' anni fa come era il rapporto con i direttori di gara? «Noi capitani eravamo più educati, loro più severi: ti ordinavano di andare indietro almeno di un metro quando gli parlavi». Noi invece andiamo ancora più indietro, ma nel tempo. Il piccolo Francesco Duzioni nasce a Verdello il 13 maggio 1929. Quando i primi calci al pallone? «È il periodo del fascismo e a 14 anni mi mandano a fare ginnastica al campo sportivo con i Balilla. Entro nella squadra del paese, poi la rappresentativa lombarda e mi acquista il Ponte San Pietro». Perché sorride? «In estate ci sono i tornei notturni e gli amici di Verdello mi convincono a giocare di nascosto con loro: li faccio vincere e in cambio mi fanno le fondamenta della casa». Non male. Nel frattempo lavora? «Per modo di dire. Mio padre mi trova un posto alla Dalmine: turno dalle 6 alle 14 così poi vado ad allenarmi. Dice: "Cechi, non preoccuparti: non c' è bisogno che fatichi, basta che ti infili nei tubi e dormi". Finché un giorno si accorge che una gru sta per sollevare proprio il tubo in cui ci sono dentro io. E mi salva la vita». Nel 1953 fa il salto in serie C e viene comprato dal Lecco del presidente Mario Ceppi. Che tipo è? «Personaggio incredibile e fascista convinto. Gira con una testa in oro di Mussolini nella borsa e quando lo arrestano minaccia di chiudere tutte le sue aziende: gli operai protestano e il giorno dopo è libero». Lei fa Verdello-Lecco tutti i giorni per allenarsi. «Inizialmente in treno, poi compro un Vespone 150 ma mio padre si vergogna: "Il figlio di un operaio della Dalmine non può permetterselo". Il vero problema però è che prendo freddo e mi viene la tonsillite. E Ceppi risolve la questione a modo suo». Come? «Dice: "Duzioni, vai alla Fiat e in cambio della Vespa fatti dare una 600. Penso a tutto io"». Bella auto? «Meravigliosa, bianca e grigia. A Verdello esistono solo 4 automobili e tutti mi guardano stupiti. Anche mio padre, che minaccia di cacciarmi di casa: "Cosa dirà la gente?"». Nel frattempo lei diventa un punto di forza del Lecco e il capitano della squadra: nel 1957 ottenete la promozione in serie B e nel 1960 in serie A. Guardi qui le figurine e raccontiamo qualche compagno. «Questo è Nyers, ungherese molto simpatico. È sempre senza soldi e quando andiamo in trasferta in treno ama scommettere con il presidente: vince chi pesca la carta più alta. È fortunato, ma arriva comunque a sera che è in bolletta. In campo è molto tecnico e calcia benissimo: il mercoledì a fine allenamento io crosso e lui tira in porta al volo da tutte le posizioni. Pum pum pum, fa sempre gol». Il più matto? «Enrico Arienti. Ama bere e divertirsi e tiene tutti allegri: spesso sale sui tavoli per ballare. Calcisticamente è uno alla Pirlo». I più donnaioli? «Nyers, Abbadie e Leoncini a volte scappano dal ritiro e tornano con cioccolato e sigarette per tutti. E sostengono che fare l' amore prima delle partite faccia bene». Guardi quest' altra figurina: Sergio Clerici. Come mai uno sguardo perplesso? «Il Gringo ha grande forza fisica, ma tatticamente non ci intendiamo: lui mi viene incontro, io gliela lancio lunga. E sono discussioni». Il Lecco in serie A stupisce. Domenica 1 gennaio 1961 c' è la sfida con la Juventus. «Vanno in vantaggio con Nicolè e al 36' Boniperti raddoppia. Tornando a centrocampo il bianconero mi incrocia e, mostrando la sua fascia da capitano, grida: "Duzioniiiiii, e uno...". Intendendo che avrebbe segnato ancora». Urca che provocazione. «Dopo dieci minuti però c' è una punizione dal limite per noi. Calcio a giro e la metto all' incrocio, gol. Tornando a centrocampo cerco Boniperti e, indicando la mia fascia da capitano, gli rispondo: "Marisaaaaa, e uno"». Marisa? «I tifosi lo chiamavano così per prenderlo in giro. Era biondo e ironizzavano sui suoi gusti sessuali». La partita finisce 2-2 e il Lecco fa un' impresa. Anche perché, oltre a Boniperti, in quella Juve c' è Sivori. «Lo marco a uomo e ogni volta che ci incontriamo, in quegli anni, è una guerra: gioca con i calzettoni abbassati e appena può entra con il piede a martello. Sui corner, per non farlo saltare, gli pesto la scarpa quando parte il pallone. Lui mi insulta: "Duzioni, non conti niente". L' azione dopo allora gli dico: "Sivori, in Argentina non c' è la rivoluzione? Ecco, torna là che cercano volontari"». Aiuto. Reazione? «Al momento nessuna, ma a fine gara quando faccio per dargli la mano mi spacca il naso con una testata». Sivori era il maestro dei tunnel. Duzioni, sia sincero: quanti ne ha subiti? «Qualcuno. Ma quella volta con Charles». Racconti. «Un' altra cosa che a Sivori piaceva molto fare era scartare tutti, fermarsi sulla linea di porta e aspettare un difensore prima di segnare. Una presa in giro. Con noi, però, non si accorge che da dietro sta arrivando Pasinato in scivolata, che recupera. Risultato: Charles si infuria e lo prende per il bavero alzandolo di peso». Non solo Sivori. Lei ha marcato i più grandi di allora. Il migliore? «Rivera. Difficilissimo da controllare perché prima che arrivasse il pallone sapeva già dove passarlo». Liedholm? «Un signore». In che senso? «Terzultima di campionato, ci serve un punto per sperare nella salvezza. Giochiamo a San Siro contro il Milan e quando arrivo a centrocampo per lo scambio di auguri tra capitani, Liedholm mi dice: "Duzioni, stai calmo che tanto finisce 0-0 oppure 1-1». Ops. Risultato finale? «1-1: i presidenti erano amici». E così andate agli spareggi. Lecco-Bari 4-2 e Lecco-Udinese 3-3. «Con il pari siamo salvi. Negli ultimi minuti allora, appena mi arriva il pallone, calcio il più lontano possibile fuori dal campo». Scusi, e perché? «In tribuna ci sono mio fratello Guido e gli amici di Verdello che prendono la sfera al volo e la nascondono. Sa, ai tempi non c' era quella di scorta e così si perdeva tempo». Geniale. Duzioni, ha guadagnato tanto con il calcio? «Prendevamo bene. La paga base era dieci volte quella di un operaio. Più i premi. Certo, quando si perdeva erano guai. Il presidente mi chiamava e diceva: "Duzioni, avvisa la squadra che gli stipendi sono bloccati e si va in ritiro". Non è come ora che i soldi comunque vengono bonificati direttamente in banca». Nel secondo campionato di serie A il Lecco retrocede e lei, dopo un anno e mezzo, se ne va. «Piacenza, in serie C, con un contratto a gettone. Poi faccio il corso per allenatori a Coverciano e divento mister del Borgomanero». Poi il Fanfulla, il settore giovanile dell' Atalanta e il Verdello. Il più forte che ha allenato? «Donadoni nella squadra allievi dei nerazzurri. Grande corsa e ottima tecnica». Nel Verdello ha allenato anche un certo Alessandro Dell' Orto che fa il giornalista e la sta intervistando, ricorda? E quando l' ha fatto esordire al posto di un compagno infortunato gli ha detto: "Preferisco un asino sano a un cavallo bolso, oggi giochi tu". «Lo pensavo ed era vero, anche se poi avrebbe potuto fare carriera». Ah ecco. Duzioni, sono 90 anni. Che regalo vorrebbe? «Restare a lungo così in forma». di Alessandro Dell'Orto

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