Federica Pellegrini, il ritratto della "Divina" che non tradisce mai

di Andrea Tempestinidomenica 24 agosto 2014
Federica Pellegrini, il ritratto della "Divina" che non tradisce mai
3' di lettura

Nuoto, amore e rock ’n’ roll: ecco Federica Pellegrini in tre bracciate, la Divina, l’unica superstar italiana in circolazione. Se si desse alla moda farebbe tendenza, se si desse all’arte diventerebbe Michelangelo, se si desse alla politica farebbe le riforme: altro che giubbotto di pelle. Peccato per le altre che, per il momento e almeno fino ai Giochi di Rio 2016 (poi il matrimonio?), abbia deciso di darsi ancora al nuoto, anima e corpo da regina, “nonnetta” di 26 anni che le suona a imprudenti teenager, buttate in acqua con lei perché la disciplina moderna impone una freschezza anagrafica al limite della pubertà e dunque si trovano costrette a fare i conti con la più grande fuoriclasse del nuoto di sempre. Uno squalo biondo in una piscina di cuccioli d’uomo, una donna complicata (e per questo fascinosa) come tante ma che quando sente il cloro sulla pelle si trasforma in un computer. Con lei in scena ogni palcoscenico diventa una Scala, ha costretto anche quella parte di pubblico non vestito d’azzurro al “Velodrom” di Berlino a battere a tempo con le mani l’Inno di Mameli, ha fatto ridere il vichingo Philippe Lucas, il coach francese che vorrebbe portarla con sé Oltralpe per toglierle ogni difetto, il “birro” platinato che è riuscito a resettarla e rilanciarla, trascinandola fuori dal gorgo causato dalla morte di Alberto Castagnetti, il suo creatore, il suo secondo padre. Dopo una mostruosa rimonta in staffetta, a sottolineare che Federica sa suonare pure dentro un’orchestra, ieri la Divina ha firmato il suo personale assolo con la tripletta Europea, terzo oro consecutivo (unica nella storia) nei 200 stile libero, i «suoi» 200. Dal 2010 passando per il 2012 sino al nuovo trionfo, è l’undicesima medaglia continentale: e gli ori sarebbero stati quattro, se a Eindhoven nel 2008 non fosse stata squalificata per falsa partenza. Una rabbia smaltita piangendo al telefono con papà Roberto e il giorno successivo con il record mondiale sui 400 strappato alla nemica d’allora, Laure Manaudou, tanto per gradire... Infinita nei successi quanto trasversale nel gradimento, il Valentino Rossi su tacchi a spillo (possiede oltre 500 paia di scarpe, compresi i sandali alti «ormai disintegrati» che il padre le ha regalato al momento dell’esordio in nazionale fra i “grandi”, a 15 anni), Federica è ormai oltre lo sport, oltre le chiacchiere, oltre il gossip che «riesco a farmi scivolare addosso, ci nuoto in mezzo». Perché la Pellegrini è il Balotelli con testa e coglioni, quella che si permette di mandare a fanculo l’allenatore perché sa (e dimostra, vincendo) di aver ragione; è quella che la tua ragazza ti sorprende a guardare a bocca aperta e sibila «quanto mi sta sulle palle, però è una grande...»; è quella che ha l’ansia da prestazione “da vincente”, nonostante la paura del mare e dell’acqua alta, nonostante quel timore di non farcela, perfino di morire, nelle gare più lunghe l’abbiano in passato condizionata. «Dentro di me esistono un Marine e una ragazzina timida che ha paura, primo o poi capirò di cosa», confessa nel suo libro «Il mio stile libero». Una diva da red carpet ma schiva, risoluta però fragile, lei che da piccola usciva di scuola e trangugiava gli spaghetti in macchina per arrivare pronta agli allenamenti e che a colazione beveva latte e competitività . «È stata definita una mangiauomini per tre fidanzati in 23 anni», esclamava il padre, una femme fatale che invece si carica per le gare ascoltando la Turandot, Battisti e Fausto Leali, Rihanna e l’Ave Maria di Schubert pensando alla nonna, alla mamma, le serate complici con il fratello Alessandro, quella famiglia caposaldo della sua educazione e della sua esistenza, guscio protettivo che l’ha preservata nei momenti difficili, come dopo le Olimpiadi di Londra: due quinti posti, tante critiche, zero medaglie. Sembrava la fine di un’era, troppe copertine, troppa pubblicità. Non c’avevamo capito niente, nonostante quell’araba fenice che Federica ha tatuato sul collo per avvertirci: non c’è cenere che tenga, risorgerò. Magari non sarà la fidanzata d’Italia, con quel carattere la odi o la ami: o ti chiami Magnini (ormai al sicuro nell’ombra della Divina) o sei fregato. In fondo, anche la Divina non è perfetta, però non ditelo alle sue avversarie: non ci crederebbero mai. di Tommaso Lorenzini @TexBomb