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Coronavirus, l'Inter e la quarantena ferrea di Antonio Conte: com'è cambiata la serie A

Claudio Savelli
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Quarantena o isolamento, il risultato non dovrebbe cambiare: si deve stare a casa. Vale per tutti, anche per i calciatori: tutti rinchiusi. Ogni società ha dato disposizioni rigide perché gli incroci pericolosi sono stati tanti, se non tutti: l'Atalanta ha incontrato in Champions il Valencia dei "positivi" e allora tutti subito in quarantena, ma molte altre squadre hanno incrociato la Samp, la Fiorentina e la Juve, che i casi in rosa li hanno denunciati. Altre ancora li avranno ma non l'hanno dichiarato.

E poi c'è la legge del virus, di fronte alla quale siamo tutti uguali, o così dovrebbe essere: chiuse porte e portoni, si sta tra le mura domestiche. L'Inter, che ha sfidato i bianconeri di Rugani e Matuidi nell'ultima partita disputata in Italia domenica 8 marzo, è ferrea, ad immagine e somiglianza di Antonio Conte. Il quale, chissà se per l'omonimia con il presidente che detta le regole alla Nazione, non ha lasciato nulla al caso: anche a distanza, i suoi giocatori sono seguiti, controllati, aiutati. Di certo non possono ingannare il tempo dilettandosi in cucina: sono infatti operativi ad Appiano Gentile (nel centro sportivo Suning) un paio di chef nerazzurri per cucinare i piatti elaborati dal nutrizionista Pincella, che vengono poi inviati ai giocatori. Li ha mostrati Barella sui social: confezioni in stile "Deliveroo", con tanto di indicazioni su come scaldare. E la settimana è servita.

Ogni calciatore segue una dieta personalizzata, così come uno specifico programma di allenamento. Ad alcuni servivano attrezzature particolari, così la società le ha trasferite da Appiano alle case dei diretti interessati. Lukaku, ad esempio, ha chiesto una cyclette sulla chat della società e, «tempo due ore», gliel' hanno fatta avere. E il belga, il giorno dopo su Instagram, ha dimostrato di utilizzarla al meglio: sudato, provato, in forma.

DONATI CENTOMILA EURO
L'isolamento sta cambiando anche il modo di comunicare all'interno delle società (non più riunioni ma videochiamate di gruppo, per mantenere la routine), oltre che quello tra i calciatori e gli interlocutori. Lukaku (che ha donato 100mila euro all'ospedale San Raffaele) ha rilasciato una videointervista al suo amico ed ex Arsenal, Ian Wright, in cui ha raccontato la sua quarantena: «Sono a Milano da solo. Mia mamma ha il diabete, quindi non posso assolutamente vederla. Ma nemmeno mio figlio e mio fratello». A tirare su il morale ci pensa la chat di squadra che, come conferma De Vrij rispondendo ai fan, è «più attiva del solito». L'olandese spiegato che «Conte invia messaggi quotidiani» e come la società «sia molto professionale perché porta da mangiare, le bici e gli elastici per lavorare». Conferma D'Ambrosio: «Conte, il suo staff e il team manager, ci fanno quotidianamente domande su come stiamo, come passiamo le giornate e se rispettiamo il programma di alimentazione e quello fisico».

Se ad Appiano lavora solo lo chef nerazzurro, al J-Hotel della Juventus c'è qualche ospite in più. Oltre a Rugani e ad un ridottissimo staff, dimorano un paio di fisioterapisti, due chef, Bernardeschi e Chiellini, che hanno scelto di non rientrare a casa. Il capitano ha dichiarato a J-Tv di uscire «solo quando rifanno la camera», di «aver fatto il tampone giovedì» ma di «stare bene, così come sta bene Rugani».

OSPINA RESTA A NAPOLI
Sarebbero risultati negativi Higuain, Pjanic e Khedira, che il test lo hanno effettuato a inizio settimana. Per questo il club ha concesso loro di recarsi all'estero: avevano questioni familiari, anche se, secondo il decreto, non c'è tampone né ragione che tenga, chi è stato a contatto con una persona positiva è chiamato a 14 giorni di quarantena. La Juve, insomma, concede eccezioni e, almeno in Italia, pare un'eccezione. Non si è arrivati al caso-Thiago Silva, rientrato in Brasile perché «non si trovava più nulla nei spermercati», ma non è comunque il massimo. Il Napoli la pensa diversamente e ha negato la partenza per la Colombia al portiere Ospina. È l' unico ad averlo chiesto della rosa, ma è bastato per far passare il messaggio a tutti: si sta a casa, altrimenti non se ne esce più.

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