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Milan, il segreto della squadra con più rigori (12): giocare nell'area avversaria e provocare gli errori altrui

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Tommaso Lorenzini
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Circa ogni 135 minuti, vale a dire ogni partita e mezzo, il Milan ha calciato un rigore in questa serie A che continua a comandare con inattesa autorevolezza (mentre il 23enne centrale Tomori è in arrivo in prestito dal Chelsea). A nemmeno metà campionato, infatti sono stati fischiati 12 rigori a favore della squadra di Pioli (9 realizzati), una proiezione che a maggio li porterebbe almeno a 24; una cifra mostruosa che sbriciolerebbe il record di 18 della Lazio, grazie al quale lo scorso anno è restata nella lotta scudetto a lungo per poi chiudere al quarto posto.

È dunque un'annata record per il Milan, non solo perché da inizio 2020 a oggi ha fatto 88 punti (solo il Bayern tiene il passo) ma anche perché è la prima squadra in 91 anni di serie A a girone unico a viaggiare alla media di 0,69 rigori a partita: per sei volte il Milan l'ha sbloccata dal dischetto, per quattro si è portato sul doppio vantaggio e solo contro la Fiorentina, quando già vinceva 2-0, ha avuto un secondo penalty (fallito da Kessie). A fischiare c'era il signor Abisso, che in due partite del Diavolo dirette in stagione (contro i viola e contro il Cagliari) gli ha concesso tre penalty. E via con le teorie del complotto su internet e le foto a confronto del direttore di gara siciliano e quella di un bambinetto vestito con la maglia del Milan: stando al "popolo del web", sarebbe lui da piccolo.

Ma perché questa affinità elettiva del Milan con il dischetto? Sostenere l'esistenza di un teorema a suo favore è materia da bar, in realtà in chiave arbitrale il punto è la difformità dei giudizi, spesso da parte dello stesso arbitro e perfino nella stessa partita, e questo va al di là dei rossoneri ma investe l'intero campionato, è una faccenda che è stata e continuerà ad essere oggetto di discussione interno alla stessa categoria e fra gli appassionati. Ultimo esempio quello del già citato Abisso che, a Cagliari, dà rigore per la spinta su Ibra ma non per quella su Sottil. Il Var in quel caso non può intervenire perché "vince" la discrezionalità del primo arbitro che osserva e giudica senza che si configurino gli estremi di "chiaro ed evidente errore": sono due episodi molto simili, con risultanze opposte, se ne uscirà mai? Il campo, intanto, racconta che il Milan arriva in area in molti modi, crea occasioni e lo fa con diversi giocatori, dunque mette in crisi la difesa avversaria puntando sia sulla manovra corale sia sull'exploit dei singoli.

 

 

 

I rigori a favore sono infatti stati procurati da otto rossoneri differenti più due falli di mano (Samp e Lazio). Alla logica dei numeri sfugge lo stato di estrema "fortuna", è vero, ma effettivamente dei 12 rigori solo in tre casi c'è stato bisogno del Var (che ha confermato la chiamata) e sono davvero contestabili solo altri tre: quello avuto con la Roma per contatto inesistente di Mancini su Calhanoglu (Ibra segna, poi Giacomelli e il Var Nasca saranno fermati un paio di turni); quello con la Fiorentina, con Caceres che ostacola lievemente Theo; quello già detto col Cagliari.

E comunque, delle sette partite in cui i rossoneri non hanno avuto rigori a favore, 4 le hanno vinte, due pareggiate e una sola persa, l'unico ko in campionato, con la Juve. E a spiegare che non di soli rigori vive il Milan - sebbene facciano parecchio comodo - ci sono diversi altri indicatori: nei gol di testa (7), è secondo solo all'Inter (10); è stato pescato in fuorigioco 46 volte (comanda il Verona, 47); ha battuto 113 corner (primo il Napoli con 115); ha colpito 13 pali. Tutto ciò è sintomo di un calcio votato a cercare (e trovare) la porta avversaria creando costantemente pericolo nella zona rossa, quella dove il difensore si muove sulla sottile linea del salvataggio provvidenziale o dell'intervento fuori tempo, che si traduce in calcio di rigore. 

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