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Covid, Serie A e calcio italiano a rischio default. La profezia da brividi di Riccardo Ruggeri

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Qual è il futuro destinato allo sport più amato dagli italiani? A rispondere a questa domanda , Riccardo Ruggeri, che su Italia Oggi scrive una lettera di amo et odio rivolta direttamente al calcio. L'imprenditore, scrittore e giornalista, parte da una descrizione romantica di uno dei suoi primi incontri con il calcio. Ruggieri racconta gli anni d'oro dello sport, narrando un aneddoto della sua vita che ricorda con nostalgia: "La mamma ogni giovedì mi portava a vedere l'allenamento del Toro al Filadelfia, e qua un giorno di primavera del 1940 avvenne il fatto più importante della mia vita: Valentino Mazzola mi fece un autografo e mi diede un buffetto."

 

 

"Quella sera, mio papà, stanco e con l'odore di trucioli Fiat che si portava sempre appresso, quando lo vide si commosse, mia mamma pianse, lo feci anch' io senza capire come si potesse piangere per una gioia" prosegue Ruggieri. Sono quelle emozioni sprigionate dal calcio, che difficilmente si possono spiegare; segnare un goal, ma anche subirne uno, come descrive  Umberto Saba nella sua poesia Goal. Oppure, incontrare un proprio beniamino di persona e perdere all'istante l'uso della parola. Fa tutto parte del calcio, non serve dare una motivazione. Ma com'è cambiato il calcio con gli anni e, soprattutto, come ne uscirà dalla Covid? 

 

 

 

 

"È un business pieno di fragilità strutturali, condizionato da calendari folli, un castello di carte che può implodere da un momento all'altro. Dovrà essere pesantemente ristrutturato e drasticamente riposizionato in termini strategici. Come tutti i business del Ceo capitalism è gravato da costi impropri di almeno il 30%, ed è guidato spesso da incapaci, molti si spacciano da imprenditori e da supermanager. Ha un osceno Deep State, presidenti influencer, mister influencer, procuratori influencer. Visto dall'esterno parrebbe tecnicamente fallito per eccesso di fuffa" scrive Ruggieri sconsolato, aggiungendo di dubitare in una rinascita dello sport più amato dagli italiani. Come per il mondo dell'editoria, anche il calcio ha dovuto iniziare a seguire il capitale, stravolgendo completamente la propria natura. "Il mio nipotino Jacopo (10 anni) l'ha capito, ha abbandonato il calcio e si è buttato sul tennis" conclude l'imprenditore. 

 

 

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