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Max Allegri, la Juventus a La Spezia: "Scontro salvezza, in questo momento...". La situazione sta sfuggendo di mano?

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Uno "scontro salvezza". A Max Allegri non resta che un po' di amara ironia. La Juventus è in crisi, di gioco, punti e identità. Due pareggi in 4 gare, la peggior partenza in Serie A dalla stagione 1961-62. E il tecnico livornese, accolto come il salvatore della patria a Torino dopo le parentesi di Sarri e Pirlo, è finito clamorosamente sotto processo. Mercoledì, nel turno infrasettimanale, la Signora andrà a giocare a La Spezia: "Parlare di obiettivi a lunga scadenza non ha senso - spiega Allegri in conferenza stampa -, serve concentrarsi su domani, a vedere la classifica è una scontro salvezza. Pensiamo a domani, poi vedremo cosa abbiamo fatto". Parole tutto sommato impronosticabili, fino a poche settimane fa. 

 

 

 

 

"Bisogna solo fare una vittoria e magari inizieremo a vedere le cose in modo diverso - spinge i suoi Allegri -. Col Milan la squadra ha fatto una buona prestazione, ma dobbiamo migliorare perché sbagliamo troppo tecnicamente, soprattutto in avvio di secondo tempo". La vittoria è arrivata, in Champions contro il Malmoe, ma sembra non aver invertito la tendenza di una squadra ancora troppo timida. "Bisogna vincere - insiste il tecnico -, non c'è niente da fare perché quello che conta è sempre la vittoria. L'ultima volta che la Juventus aveva 2 punti in 4 partite era 60 anni fa, serve la vittoria per vedere le cose in un altro modo". 

 

 

 

 

 

 

I retroscena parlano di un ambiente agitato, con un video "rubato" che ha mostrato Allegri, al termine del match col Milan, prendersela platealmente con qualcuno dei suoi: "Porca tr***a vogliono giocare nella Juventus!", ha urlato prima di entrare negli spogliatoi. "E' normale che uno sfogo post partita ce l'ho anch'io che sono umano", si difende il diretto interessato. "Il riferimento è che quelli che vanno in panchina devono essere determinanti quando entrano, come approccio alla partita. Non possiamo rischiare di giocare in 10. È un senso di rispetto per chi sta in panchina, di responsabilità. Bisogna essere pronti. Quando ero piccolo mi hanno sempre detto che quello che conta è il campo, è molto più semplice di quello che sembra".

 

 

 

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