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Novak Djokovic, talebano no-vax? Ecco quanti milioni di euro perde: cifre clamorose

Daniele Dell'Orco
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Una cosa è certa: in Australia la legge è davvero uguale per tutti. Dopo aver trascorso la notte di mercoledì confinato nell'aeroporto di Melbourne Novak Djokovic, il tennista n.1 al mondo arrivato nella terra dei canguri per partecipare all'Australian Open, si è visto annullare il suo permesso d'ingresso per via di alcuni vizi di forma nella documentazione. Il caso, dunque, non sarebbe di natura sanitaria (Djokovic non è vaccinato e non avrebbe potuto partecipare al torneo, mala sua domanda di esenzione era stata accettata da Tennis Australia) bensì burocratica. Il serbo è passato però al contrattacco. I suoi legali hanno depositato un decreto ingiuntivo ufficiale a tempo di record e così non potrà essere espulso almeno fino a lunedì. L'udienza finale sulla sua richiesta di ricorso è fissata per le 10 dello stesso giorno. 

 

Fino ad allora, però, Djokovic per lo stato australiano è un richiedente asilo. Come tutti gli altri. Difatti, soggiorna presso il Park Hotel, una struttura di 107 camere in cui risiedono al momento i rifugiati. Una situazione che persino il governo serbo sta tentando di risolvere, col Presidente Aleksandar Vucic che ha chiesto di trasferire il tennista nell'appartamento con campo da tennis che aveva prenotato o quantomeno in una struttura con un campo dove potersi allenare in vista del torneo che inizierà il 17 gennaio. «Questa è una persecuzione politica», dice Vucic. In Serbia si grida al martirio, con la stampa locale che paragona la vicenda alla passione di Cristo. Sua madre dice che «viene tenuto prigioniero» e suo padre ha fatto sapere che «gli è stato tolto persino il portafogli». Secondo i suoi legali Djokovic avrebbe compilato la stessa documentazione degli altri membri del suo team e degli altri 25 tennisti esentati, come lui, dalla federazione australiana di tennis. 

PROVE INSUFFICIENTI
E l'esenzione, a detta del patron dell'Australian Open Craig Tiley, non era un «favore» fatto a Nole bensì frutto di un rigoroso processo di verifica ad opera di due gruppi separati di medici indipendenti che valutano le domande in maniera anonima. La polizia di frontiera però ha ritenuto "insufficienti" le prove per ottenere il visto e ora la partita decisiva si svolgerà in tribunale. La battaglia legale potrebbe arrivare fino alla Corte Suprema. Intanto, Tennis Australia ha chiesto di sapere se il numero 1 parteciperà o meno al torneo non più tardi di martedì. Il Djoko-gate infatti, va sempre ricordato, ha anche un impatto economico (oltre che politico, diplomatico e sportivo). Le posizioni no-vax di Nole sono note a tutti, ma se a Melbourne ci tengono così tanto ad averlo è perché è una macchina da soldi. Il major australiano è uno dei 4 tornei più importanti al mondo e per mantenere questo status deve garantire degli standard economici, organizzativi e di appeal sportivo altissimi. 

 

Senza il n.1 del tennis diventa più complicato attrarre sponsor, vendere biglietti e piazzare diritti tv. Già lo scorso anno, a causa della seconda ondata, il torneo si svolse senza pubblico, venne spostato di quasi un mese (con il broadcaster Nine che chiese lo sconto di 10 milioni sui diritti tv) e con nuove norme di sicurezza che comportarono 40 milioni di mancati incassi. Quest' anno perdere Djokovic per Tennis Australia sarebbe un altro salasso. Anche Nole, comunque, ha le sue perdite: il vincitore del torneo incassa quasi 3 milioni (e lui l'ha vinto 9 volte). Soprattutto, senza giocare non potrà fare il Grande Slam. Non ci sono cenni d'insofferenza, invece, al momento, da parte degli sponsor, come Hublot, Lacoste, Peugeot e altri brand che gli versano oltre 30 milioni l'anno. Del resto, stralciare i contratti per le sue posizioni no-vax potrebbe far finire anche loro in un pericoloso turbine giuridico.

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