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Olivier Giroud, un "9" da scudetto: se lui segna... Milan, la statistica decisiva che "odora" di trionfo

Federico Strumolo
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C'era una volta la maledizione della maglia numero 9 rossonera. Una scomoda eredità lasciata al Milan da chi con quei colori è diventato leggenda: Filippo Inzaghi. Sono tanti gli attaccanti che, con pessimi risultati, avevano provato a indossare la casacca lasciata libera da Super Pippo, dopo il suo addio al calcio giocato nel 2012 e i 126 gol in 300 apparizioni con la maglia del Diavolo (dal 2001, dopo il trasferimento dalla Juventus). Tra bomber esperti come Fernando Torres (1 gol in 10 partite in 6 mesi da agosto 2014 a gennaio 2015), Gonzalo Higuain (8 reti in 22 apparizioni, anche lui per 6 mesi, ma nella stagione 2018/19) o Mario Mandzukic (0 gol in 11 partite la passata stagione), a giovani di belle speranze come André Silva (10 marcature, di cui solo 2 in campionato, in 40 partite nella stagione 2017/18) e Krzysztof Piatek (5 gol in 20 partite nel 2019/20).

 

 

 

FORZA E CARISMA

Per spezzare il sortilegio serviva un centravanti forte, con le spalle larghe e il carisma necessario a sostenere il peso del fantasma di Inzaghi. Un profilo identificato dalla dirigenza rossonera, con il direttore dell'area tecnica Paolo Maldini in prima linea, in Olivier Giroud. Uno dal pedigree di assoluto livello, dato che in carriera ha vinto di tutto, dal Mondiale alla Champions, passando per l'Europa League. E arrivato a Milano l'estate scorsa dal Chelsea con un'operazione dai costi contenuti-1 milione di euro di indennizzo al club inglese più 1 altro milione di eventuale bonus e un ingaggio da 3,5 milioni per 2 anni (con opzione per il terzo) - ma che aveva destato tanti dubbi negli osservatori, per l'opportunità di affiancare un 35enne al 40enne Zlatan Ibrahimovic. La scommessa, però, il Milan l'ha vinta e Giroud ci ha impiegato pochissimo a smentire gli scettici ed entrare nel cuore di tutti i tifosi rossoneri. È bastata, si fa per dire, la doppietta con cui ha ribaltato il derby del 5 febbraio contro l'Inter, da 0-1 a 1-2 grazie a 3 minuti di ordinaria follia. Per la conferma definitiva, poi, è arrivata la zampata di domenica sera nell'altro scontro diretto in casa del Napoli, vinto 1-0 con il suo ottavo gol in campionato. Giroud, in sostanza, è il bomber di cui aveva bisogno Stefano Pioli per affiancare Ibra nella missione di riportare il Milan alla vittoria. Ed è anche un talismano, considerando che quando segna lui, il Diavolo vince sempre: 8 reti distribuite in 6 partite, contro Cagliari (è l'altra doppietta, nel suo debutto a San Siro), Verona, Torino e Roma, oltre alle già citate sfide a Inzaghi e Spalletti. I gol di Olivier, o Oliviero come lo chiamano i tifosi da quando gioca in Italia, sono il miglior certificato di garanzia possibile per il Milan. Ma la grandezza del figlio di Chambéry, capoluogo del dipartimento della Savoia, sta nella sua umanità, ancora prima che nelle doti all'interno del rettangolo verde. Pioli nel post partita di Napoli ha raccontato come sia bastata una videochiamata in estate per capire lo spessore del Giroud uomo e convincerlo che sarebbe stato perfetto all'interno dello spogliatoio di Milanello. Una figura matura, nell'età e nei comportamenti (nelle interviste parla già italiano, a testimoniare la sua straordinaria professionalità), per indicare la via ai tanti giovani della squadra. Affiancando, anche in questo, il compagno di reparto svedese. E anche se per questioni tecnico-tattiche faticano a condividere il campo, compongono una coppia straordinaria. È questo l'ennesimo capolavoro del Pioli rossonero: far coesistere due maschi alfa come Ibra e Oli. Certo, una convivenza merito anche dell'intelligenza dei due protagonisti, che hanno capito che non avrebbero dovuto battagliare per un posto, ma che si sarebbero potuti dividere lavoro ed energie (fondamentale considerati i problemi fisici di entrambi: Ibra ha saltato 12 partite in campionato, Giroud 9).

 

 

 

QUESTIONE DI FEDE

E pensare che le tante cose belle fatte vedere nei suoi primi mesi al Milan, monsieur Giroud le avrebbe potute portare all'Inter, se non fosse stata per la sua grande fede. Che l'accompagna nella sua vita e nelle sue scelte, come raccontato dallo stesso in un'intervista al The Guardian di qualche mese fa: «Credo nella storia di Gesù e nella Bibbia. Ho sempre dovuto affrontare delle difficoltà, come tutti nella vita e la mia fede mi ha aiutato ogni singolo giorno, in particolare quando dovevo prendere delle decisioni importanti come rimanere al Chelsea invece di firmare per l'Inter. Dio ha un piano per ogni singola persona sulla terra». E per fortuna dei milanisti, quel piano prevedeva il suo passaggio al Milan. 

 

 

 

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