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Juve e Allegri, "stavolta non succederà". Nubi cupissime

Claudio Savelli
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A differenza di sette anni fa, quando Allegri attraversava la prima grande crisi juventina, questo derby non cambierà niente. È la vittoria di una squadra in difficoltà su un'altra in difficoltà, giustificata da un secondo tempo in cui l'una ha raccolto un briciolo di coraggio nel vedere la dirimpettaia innocua. È stato un derby a basso volume, ha ricordato quelli tristi milanesi negli stessi anni in cui la Juve di Allegri risorgeva dalle ceneri. Non lo farà, stavolta, perché ci sono troppe squadre che propongono un'idea, ciò che il calcio oggi premia, finalmente anche in serie A. Non lo farà, stavolta, perché non c'è la stessa volontà di risalire la classifica con un lungo sfogo rabbioso, che costa una tremenda fatica.

 

 

 


Quella Juve aveva qualcosa da farsi perdonare perché era pluricampione in carica. Questa non ha nulla da recuperare, solo un fastidioso ridimensionamento da inseguire. È reduce da un doppio quarto posto e, dopo essersi illusa di poter tornare al successo, si ritrova costretta a rincorrere quello stesso posizionamento come massima ambizione stagionale. L'estate di gran mercato aveva illuso i giocatori, più che i tifosi. Il gruppo pensava di poter essere competitivo al massimo e a metà ottobre deve convivere con un'inadeguatezza per il titolo e perfino per la Champions.

 

 

 

 

 


Il paradosso è che la vittoria di misura sul Torino, proprio perché minima, sporca e figlia di una reazione emotiva più che del gioco, è quella che Allegri cercava. Il mister infatti è contento e rinfrancato dopo la gara. Non lo ammetterà mai ma anche per lui è un momento di massima pressione. Si sta giocando il resto della carriera. Da questa esperienza si capirà cosa potrà fare in futuro: allenare un'altra grande o scendere di livello? È improbabile che questa vittoria sia una svolta anche perché non è conseguente al proverbiale colpo di magia del primo Allegri. Il 3-5-2 schierato dal tecnico è dovuto al Torino, serviva a cambiare qualche riferimento ad una squadra che pressa a uomo, ma non è una soluzione. Così dalla prossima si ricomincerà da capo, da zero, alimentando una perenne ricerca di una formula che non arriva mai.

 

 

 

 

 

È stucchevole il discorso sul ritiro. Allegri si lascia andare un «poverini» i giocatori che «si sono allenati due volte al giorno». Al netto del fatto che sono ben pagati per allenarsi, e che non spaccano le pietre, è per via di questo atteggiamento che la squadra dura pochi minuti e poi cala di intensità. Se ti alleni a basso ritmo poi ti abitui ad esso. L'Atalanta è il caso opposto: si allena intensamente e così gioca. Gasperini ha aggiunto qualche marcatura preventiva prima non prevista per subire meno reti, ma questo è un altro discorso e non mette in discussione la radicata identità. Così si costruiscono le squadre: si pone un obiettivo e si cerca di raggiungerlo mentre si raccolgono risultati. La Dea lo sta facendo, battendo il Sassuolo in una partita divertente, a differenza del derby della Mole. La Juventus no. Vive alla giornata. Stavolta è andata bene, la prossima chissà.

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