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Luciano Spalletti, un destino inquietante: la sua Italia, tra poche ore...

Claudio Savelli
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Il destino ha voluto che la prima Italia di Luciano Spalletti affrontasse la Macedonia del Nord, l’avversaria contro cui è definitivamente morta l’Italia di Mancini. Era il 24 marzo dello scorso anno, era la semifinale playoff per i Mondiali in Qatar (anche vincendo poi bisognava battere il Portogallo, e quell’Italia non ne era in grado), era una Nazionale che pensava di essere più forte di quel che in effetti era: è passato un anno e mezzo in cui si è solo perso tempo, lamentandosi del passato e posticipando il futuro.

Se Spalletti è l’uomo del destino era magicamente libero da campione d’Italia in carica nel momento in cui Mancini ha preferito i milioni arabi alle emozioni azzurre, il contrario di Immobile, nuovo capitano, che dice «di aver detto no all’Arabia per vestire ancora l’azzurro» - è giusto che cominci affrontando il fantasma che quel destino lo ha piegato definitivamente.

Se la Macedonia offre una motivazione in più, bene. Ma l’Italia abbia in mente che non deve prendersi alcuna rivincita: oggi come allora l'avversario si vede nello specchio, almeno per metà. Cinque dei primi undici di Spalletti saranno gli stessi di quella notte nefasta: Donnarumma, Bastoni-Mancini, Barella e Immobile. I due centrali difensivi furono trai migliori in campo perché il problema erano i senatori demotivati e fuori condizione, tra i quali vanno inseriti anche Immobile, Donnarumma e Barella. Ecco, a proposito di destino, proprio questi tre sono i nuovi capitani dell'Italia, per cui si bada al numero di presenze (56 per l’attaccante, 54 per il portiere, 45 per il centrocampista). La ridistribuzione delle responsabilità comincia da loro.

 

GERARCHIE
Le parole del ct secondo cui le gerarchie non esistono e la maglia va conquistata sul campo si sono già trasformate in fatti. Vedi alla voce Immobile che in pochi giorni ha riconquistato il posto da titolare, dopo che Raspadori sembrava favorito per via della conoscenza con il mister. Voleva rinunciare all’azzurro, ora ne è leader e capitano, a 33 anni suonati: l'Italia è Immobile di nome ma non di fatto. Ad affiancarlo saranno Politano e Zaccagni perché Chiesa e Pellegrini hanno accusato un risentimento muscolare e sono tornati a casa, interrompendo l'incantesimo che vedeva tutti stranamente sani agli ordini del ct. Il resto della formazione è deciso: davanti a Donnarumma giocheranno Di Lorenzo, altro capitano nelle idee di Spalletti, Mancini, Bastoni e Dimarco; a centrocampo Cristante proteggerà Barella e Tonali. Gli azzurri sono terzi nel girone e all’Europeo della prossima estate ne vanno solo due.

 

Serve un successo a Skopje (20.45, diretta Rai uno) per tenere il passo di Inghilterra e Ucraina, che si affronteranno qualche ora prima, in vista della sfida di martedì a quest'ultima. «L’obiettivo è far emozionare tutti gli italiani. Dobbiamo far nascere un amore, siamo la squadra di tutti. Per riuscirci dobbiamo fare risultato», spiega Spalletti. Non esiste sogno senza la fatica terrena, non c’è teoria senza pratica. La nuova Italia promette di non avere la spocchia di quella precedente. Riparte dal basso, là dove può alzare lo sguardo e vedere meglio la salita che l’attende.

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