Cerca
Cerca
+

Mourinho, "hai rotto un po'": la lettera di Iacometti, colpo di grazia alla Roma

Sandro Iacometti
  • a
  • a
  • a

Caro Josè, giovedì sera, a cinque minuti dalla fine di Genoa-Roma, quando ho visto il Capitano (quello vero, con tutto il rispetto per il mitico Lorenzo Pellegrini, che ha dato l’addio al calcio proprio al termine di una partita con la formazione ligure) lasciare gli spalti (dopo aver concesso un selfie con il viso pietrificato), ho cambiato canale. Sai che notizia, dirai tu (non ci conosciamo, ma nel mondo dello sport usa così). Ecco, lo è. Ingenuamente e un po’ sadicamente, anche quando le cose, ed è capitato cosi tante volte che fatico a tenere il conto, si mettevano male o malissimo, ho sempre preferito aspettare quel maledetto fischio dell’arbitro che, come una pugnalata al cuore, ti toglie pure l’ultimo, irrazionale briciolo di speranza.

Del resto, come diceva Vujadin Boskov, solo a quel punto la partita finisce. E tu più di altri lo sai, visto che a parte quegli epici gol fatti da Totti all’ultimo minuto per non darla vinta a Spalletti, solo la “tua” Roma è riuscita a salvare o ribaltare le partite nella cosiddetta Zona Cesarini. Un’emozione rara, storicamente preclusa a noi giallorossi. Ma giovedì c’era poco da sperare. Manco un miracolo poteva togliere al Genoa, la sua prima, meritatissima, vittoria al Marassi. Non sono un esperto di calcio e men che meno uno di quei tifosi che pensa di saperla sempre più lunga dell’allenatore. Tanto più quando si tratta dello Special One.

SPROVVEDUTO
Ma c’è qualcosa che balza agli occhi persino ad uno sprovveduto come me. La difesa, da sempre vanto ed orgoglio del tuo gioco, è diventata un colabrodo. Lo scorso anno la Roma ha preso 38 gol in 38 giornate, quarta migliore difesa del campionato. Quest’anno 11 in 6 partite, siamo la terza peggior difesa del campionato. I conti non tornano. E non può bastare l’assenza di un pilastro del comparto come Smalling a farli quadrare. Con la Salernitana era in campo, eppure due belle imbucate sono arrivate lo stesso. La squadra dei gioielli e dei combattenti, dei Dybala e dei Lukaku, dei Cristante e dei Pellegrini, dei galli e dei faraoni non funziona e tu lo sai meglio di tutti. «La peggior partenza della Roma da quando ci sono i tre punti ma anche la peggior partenza della mia carriera», hai spiegato a fine partita.

EROI MITOLOGICI
Quello che, forse, non sai è che i giallorossi sono la tifoseria più straordinaria, appassionata e generosa del mondo. Sanno venerare i loro campioni come eroi mitologici, divinità immortali di una religione laica la cui fede resta salda anche nei momenti di maggiore sconforto. «La Roma non si discute, si ama», è uno dei perenni striscioni che campeggia sugli spalti dell’Olimpico. Però, ad un certo punto, si rompono le palle. E quando accade non ci sono Santi che tengano. Il paradiso si tramuta in inferno, l’adorazione in odio. Difficile capire con precisone quando e perché ciò avvenga. I risultati contano, ovviamente. Ma non sono tutto. Quando sei arrivato, l’entusiasmo è stato immediato, malgrado avessimo tutti ancora stampato nella memoria il tuo irriverente “zero tituli”. Lo stadio è tornato a riempirsi di tifosi. Così come i cuori di attese e aspettative. Giovedì sono arrivate le prime contestazioni da due anni a questa parte. Una crepa, che non prelude necessariamente ad una rottura. D’altra parte due finali europee e una coppa non sono roba da poco per una squadra da zero tituli. Insomma, ti vogliamo ancora bene Josè. Però un po’ hai iniziato a rompere. 

Dai blog