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Nazionale, "l'Italia chiamò"? La sinistra impazzisce: "Maglia fascista!"

Daniele Dell'Orco
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In un periodo di massima polarizzazione generale, in cui ci si divide in fazioni commentando praticamente di ogni cosa, non poteva passare inosservata la nuova maglia della Nazionale italiana di calcio. A far discutere il web, il colletto della t-shirt disegnata per gli azzurri in vista dell’Europeo dell’estate prossima. In particolare, la frase "l’Italia chiamò" ricamata, estratto e omaggio all’inno di Mameli. Nel comunicato di presentazione si legge che l’intenzione degli ideatori è di esaltare «in chiave sportiva il senso identitario».

Ma il solo richiamo all’inno nazionale ha fatto sobbalzare i progressisti nostrani, da sempre allergici a qualsiasi declinazione del termine "identità" e per di più da un anno e mezzo governati da un premier che guida un partito chiamato come l’attacco dell’inno di Mameli: Fratelli d’Italia. Qualche maligno è arrivato persino a complottare che la scelta non sia stata casuale né slegata dalla volontà "totalizzante" del governo. C’è anche chi, però, la contesta in senso opposto: che senso avrebbe, dicono i detrattori, un richiamo ad un patriottismo che non esiste più e ad un verso che segue quel «siamo pronti alla morte» a cui nessuno, o quasi, sarebbe mai disposto ad aderire?

 

AL PASSO COI TEMPI
Più coerente il caso dell’Inghilterra, in cui effettivamente il design della nuova t-shirt è al passo coi tempi, ovverosia tinta di ideologia "woke". Sul retro della maglia pensata da Nike per i Tre Leoni, l’iconica Croce di San Giorgio è stata ridisegnata, sostituendo la linea orizzontale della tradizionale croce rossa con una blu navy (quasi nera), azzurra e lilla. La maglia prometteva di «celebrare gli eroi del calcio del passato con un tocco moderno» e Nike ha commentato la “nuova” bandiera, scrivendo: «Un aggiornamento giocoso del San Giorgio appare sul colletto per unire e ispirare». Ma i fan più ortodossi (la stragrande maggioranza) sono impazziti. Il caso è diventato anche politico, con i conservatori Nigel Farage e Brendan Clarke Smith che si sono infuriati e col deputato Lee Anderson ha descritto la mossa come una «sciocchezza».

E nessuno ha ancora pensato di sollevare un altro caso: quello della straordinaria somiglianza tra i colori in questione e la bandiera della Repubblica separatista di Donetsk, ossia quella dei filorussi del Donbass che l’Inghilterra tanto combatte più o meno indirettamente supportando il governo ucraino da quasi 10 anni. Il tocco pink è persino strabordante, infine, nella nuova divisa da trasferta della Germania. Adidas, in quel caso, ha lanciato una maglia con una «vivace combinazione di colori ispirata al mondo digitale del metaverso, con l’obiettivo di mettere in contatto la nuova generazione di tifosi tedeschi». Il problema è che la vecchia generazione, quella che tira ancora fuori i soldi per seguire la nazionale, non è per nulla felice.

 

Uli Hoeness, leggenda del calcio tedesco, ha provato, a modo suo, a metterci una pezza: «Possono giocare anche a torso nudo. La cosa più importante è quello che succede in campo. Non me ne può fregare di meno di quello che indossano», dice. Ma le cose per i più tradizionalisti potrebbero addirittura peggiorare visto che la lunga collaborazione dei teutonici con Adidas è destinata a terminare. La federazione calcistica del paese (DFB) ha infatti confermato che dal 2027 passerà proprio agli storici rivali, nonché campioni di progressismo, di Nike. Il marchio con le tre bande, oltre ad essere autoctono, è il fornitore ufficiale dei kit della Germania dal 1954. Anzi, era.

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