Gianni Rivera: "I nuovi Totti e Baggio ci sono ma non giocano"

di Leonardo Iannaccivenerdì 20 giugno 2025
Gianni Rivera: "I nuovi Totti e Baggio ci sono ma non giocano"
3' di lettura

«Non mi fate parlare solo sei minuti, però». Dopo 55 anni Gianni Rivera ci scherza sopra. Il golden boy del calcio italiano, Pallone d’Oro, bandiera del Milan e passato alla storia anche per quei 360 secondi che Ferruccio Valcareggi, beffandolo, gli concesse il 21 giugno 1970 negli sgoccioli della finale mondiale con il Brasile, ha una gran voglia di parlare, e in piena libertà. Da uomo “non manovrabile”, come si definisce.

Gianni, in effetti lei è sempre passato per un uomo libero. Per questo il mondo del calcio lo ha spesso tenuto in disparte. A partire dal suo Milan?
«Ho dato forse fastidio perché non mi sono mai tenuto in bocca le parole che il mio cervello pensava».

Come ai tempi dei rossoneri?
«Non mi parli del Milan americano. Lo sa che siamo in causa?».

Una bandiera del Milan come lei in causa?
«Gli americani non sanno ancora molto di calcio. Paolo Maldini l’hanno addirittura mandato via».

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Lei si riconosce ancora in questo pallone che inventa un Mondiale per club e tira il collo ai giocatori undici mesi e mezzo all’anno?
«Per niente. Ma i soldi comandano e si costringono i giocatori che, però non si ribellano, a questi tour de force».

Rimedi?
«Ai miei tempi, insieme a Mazzola, Bulgarelli e ad altri colleghi fondammo il sindacato proprio per tutelare i giocatori e assicurare diritti che prima non avevano».

Da sempre lei ha dato fastidio a troppi scaldasedie che si sono succeduti in Figc, vero?
«Non essendo appunto un “manovrabile” sono stato tenuto ai margini. Ho avuto ruoli federali solo quando presidente era Abete».

La parola dimissione sembra scomparsa dal vocabolario di certi dirigenti o politici dello sport.
«Non di tutti. Lo stesso Abete e il ct Prandelli hanno rimesso il mandato dopo il ko nel mondiale 2014».

Che voto dà a Gravina come presidente federale?
«L’unica volta che ho cercato di contattarlo per capire se potevo essere utile alla nazionale non mi ha neppure risposto».

Gattuso ct è la terza opzione: scelta giusta?
«Non bisogna essere prevenuti, lo conosco poco».

Caso Acerbi: a lei non è mai venuta la tentazione di non rispondere a una convocazione?
«Mai. Mi presentavo sempre anche se, poi, venivo tenuto fuori per scelte diciamo discutibili. Nella staffetta in Messico con Mazzola ci furono pressioni strane».

Spalletti ha fallito perché ha voluto allenare la nazionale e non fare solo il selezionatore?
«Sono due mestieri diversi. Ma non ero dentro lo spogliatoio».

Vero che Tavecchio, all’epoca numero uno in Figc, le offrì di entrare nello staff tecnico della Nazionale?
«Sì, ma non avevo ancora ottenuto il patentino federale e si opposero».

Lei debuttò 15enne nell’Alessandria, Camarda al Milan sta ad ammuffire in panchina.
«Oggi sarebbe impossibile mettere in campo un 15enne, almeno qui in Italia».

Ma non è solo un alibi? Oggi di Rivera e Mazzola, Totti e Baggio non se ne vedono molti in giro.
«Non se ne vedono perché non giocano. Ci sono ma comandano i procuratori».

Una categoria da ridimensionare?
«Fanno soltanto il proprio bene. E talvolta il male del calcio».

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Leggenda narra che i giocatori del Brasile 1970 si meravigliarono quando non la videro titolare nella finale dell’Azteca.
«Vero. Pelè poi mi raccontò: Gianni, quando ti vidi in panchina pensai che gli italiani ci avrebbero dominato, che erano davvero fortissimi per poter fare a meno di uno come Rivera».

E lei aveva appena segnato quel gol leggendario in semifinale, contro la Germania.
«Oggi non sarebbe possibile. Il gioco lo fanno partire dal basso e, sul 3-3 di quella epica partita, Facchetti invece di lanciare in avanti Boninsegna avrebbe passato la palla indietro ad Albertosi. E addio mio gol del 4-3».

Cosa auguriamo all’Italia di Gattuso?
«Il prossimo anno ci sono i Mondiali e la partita inaugurale si gioca proprio all’Azteca di Città del Messico. Non aggiungo altro. Io dal divano di casa posso solo inviare un enorme in bocca al lupo alla Nazionale. Che non ho mai dimenticato».

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