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Italia invasa, migranti in zattera e kayak: l'immagine simbolo del dramma

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Lo aveva spiegato con grande preoccupazione Giorgia Meloni ai 26 partner del Consiglio europeo appena concluso: la polveriera “migratoria” pronta ad esplodere è la Tunisia. I numeri delle ultime 24 ore confermano appieno la mole del fenomeno denunciato dal premier italiano e la necessità di intervento dell’Ue e del Fmi per stabilizzare la crisi politico-economica ed impedire l’esodo di massa (900mila partenze potenziali nei prossimi mesi) dal Paese del Maghreb. Parliamo di più di 3mila arrivi, frutto di sessanta gli sbarchi, nella sola Lampedusa in un giorno. Con gli altri sbarchi si arriva a oltre 4mila in 24 ore.

 

 

 

Quasi tutti provenienti dalle coste tunisine: da dove ormai ai migranti provenienti dall’Africa subsahariana – Congo, Camerun, Nigeria, Costa d’Avorio e Guinea, Sierra Leone, Burkina Faso – che versano agli scafisti circa tremila dinari tunisini si affiancano sempre più tunisini “autorganizzati”. Un boom che ha fatto già saltare la macchina dell’accoglienza della piccola isola siciliana: dato che l’hotspot di contrada Imbriacola, omologato per 400 posti, a fine giornatane contava più di 2200. Le cronache di questa nuova ondata – che si somma alle partenze dalla Libia e dal fronte est turco – testimoniano che siamo davanti a un movimento eccezionale non solo per i numeri ma anche perla modalità. Un dato su tutti: la Guardia costiera tunisina negli ultimi tre giorni ha bloccato 79 «attraversamenti clandestini delle frontiere marittime» sulle coste di Sfax e Cheba, fermando circa 3mila migranti.

 

 

 

BAGNAROLE RISCHIOSE

Di fatto la confema del trend delle partenze “fai da te”: ossia senza un’organizzazione criminale alle spalle ma anche senza alcun limite. Lo dimostra anche la tipologia di imbarcazioni utilizzate per la traversata: bagnarole di ferro, zattere quando non addirittura kayak (l’ultimo giunto ieri a Pantelleria). Indicativo a proposito ciò che hanno riferito ieri i 25 tunisini soccorsi al largo di Lampedusa dai finanzieri della motovedetta “Sottile”: «La barca l’abbiamo comprata noi. Abbiamo pagato 45mila dinari».
Uno scenario preoccupante, che vede la gente del posto pronta a mettersi in viaggio e salpare perla Sicilia con barchini che il procuratore capo, facente funzioni, Salvatore Vella ha già definito «bare galleggianti»: non più imbarcazioni in legno ma in metallo che, quando si capovolgono alla prima vera difficoltà, affondano velocemente. Una preoccupazione ulteriore per la macchina dei soccorsi che non si è certo risparmiata in queste ultime 48 ore. Solo nella zona Sar italiana (fra Sicilia e Calabria) sono stati 2.500 i migranti messi in salvo dalle autorità coordinate dalla Guardia costiera.

 

 

 

In piena “attività” anche le Ong: sempre a Lampedusa sono giunti gli immigrati soccorsi dalla nave-ong Louise Michel, circa 190 gli immigrati sono a bordo della Geo Barents che sbarcherà al porto di Bari mentre in 78 sono stati recuperati dalla Life Support di Emergency in acque maltesi e dovrebbero approdare ad Ortona. Con il boom di partenze aumentano purtroppo anche le tragedie: ieri è toccato in area Sar maltese con il naufragio di due barchini. Le nostre autorità, recatisi fino a lì, sono riuscite a salvare dieci di loro mentre per altri undici non c’è stato nulla da fare. Sul nodo migranti è intervenuto ieri alla Scuola di formazione politica della Lega il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Intervistato dal condirettore di Libero Pietro Senaldi, Piantedosi ha confermato che il fronte Tunisia è il fulcro attuale del problema. Per questo motivo ad aprile «ci tornerò con la commissaria Europea: probabilmente saranno con noi anche i ministri degli Interni francese e tedesco».

 

 

 

CAMBIO DI PASSO

Al Consiglio europeo «il cambio di passo c’è stato, per merito soprattutto di Giorgia Meloni», ha aggiunto il titolare del Viminale. «Ora il tema è tornato al primo posto dell’agenda europea e bisogna dare atto al premier del grande merito che ha». Un dossier sul quale l’Italia ha già ottenuto la “verifica” dell’attuazione dei 15 punti del piano di Ursula von der Leyen ma dove la pressione dell’esecutivo nei confronti dei partner non si allenta. L’obiettivo è chiaro: «L’Europa e i Paesi che incrociano principalmente questo tema devono fare qualche passo in più verso l’inevitabile egoismo dei movimenti secondari secondo la regola di Dublino». Per questo motivo, ha chiosato il ministro, «stiamo facendo capire in sede europea che il migliore modo per combattere i movimenti secondari dei migranti sia ridurre i movimenti primari: meno gente arriverà in Italia, meno gente tenterà di valicare altri confini».

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