Ora siamo alla rivolta navale. La attuano – e come ti sbagli – le Ong, che tornano a prendere di petto il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. È colpevole di voler contrastare gli scafisti del mare, l’immigrazione clandestina, il traffico di essere umani. E loro attaccano accollandogli la colpa dei (prossimi) morti in mare. Un’accusa davvero infame: eppure bastano i dati sugli sbarchi a sbugiardare chi accusa il capo del Viminale. Fermare le navi diventa roba da espiare, il rispetto della legge un’opzione non prevista dalle Ong. Eppure i numeri parlano chiaro: è vero esattamente il contrario rispetto alla tragedia delle morti in mare. Il record degli sbarchi fu collezionato nel 2016 dal governo Renzi, con 181milae passa clandestini arrivati da noi. Lo scorso anno, 2024 per intenderci, ne sono arrivati 66mila, quest’anno – al settimo mese, luglio – poco oltre i 31mila. Nel 2019, col governo gialloverde, ne sbarcarono 11mila, poi balzati a 105mila col governo Draghi. I numeri di quanti muoiono nelle acque del Mediterraneo, sono direttamente proporzionali a quanti partono con i cosiddetti “taxi del mare”. Di qui le norme di Piantedosi e i provvedimenti che puntano a disincentivare le partenze.
Ovviamente, le Ong frignano. E usano parole grosse, in un appello firmato ieri a più voci – 32 organizzazioni – che non hanno trovato di meglio che denunciare «l’immediata cessazione dell’ostruzionismo sistematico contro le operazioni di ricerca e soccorso delle Ong da parte dello Stato italiano». Solo nell’ultimo mese – è la loro lamentela - le navi della flotta civile di ricerca e soccorso sono state fermate tre volte a causa di accuse basate sul decreto Piantedosi, approvato nel gennaio 2023 e «inasprito dalla conversione in legge del decreto Flussi nel dicembre 2024»: il che ci porta ad applaudire l’operato del ministro. Lacrime e singhiozzi più forti sono stati dedicati a Nadir e Sea-Eye 5, due delle imbarcazioni più piccole, rispettivamente gestite da Resqship e Sea-Eye, fermate con l’accusa di non aver rispettato le istruzioni delle autorità. «Ad entrambi gli equipaggi – è la versione delle Ong- sono stati assegnati porti distanti per sbarcare i sopravvissuti e sono stati invitati a procedere con trasbordi selettivi dei naufraghi sulla base di criteri di vulnerabilità, nonostante un'adeguata valutazione delle vulnerabilità richieda un ambiente sicuro e non possa essere condotta a bordo di una imbarcazione subito dopo un salvataggio». Chissà dove vogliono arrivare...
Le Ong accusano il governo Meloni? A zittirle ci pensa la Ue
"Da febbraio 2023, le imbarcazioni delle ong sono state oggetto di 29 fermi amministrativi, per un totale di 7...Peri 32 firmatari dell'appello «l’introduzione di questi ostacoli legali e amministrativi persegue un obiettivo evidente: tenere le imbarcazioni Sar lontane dalle aree operative, limitando drasticamente la loro presenza e attività in mare». Il che, se fosse davvero così, consentirebbe finalmente di evitare sbarchi contro la legge. Ma con una faccia tosta incredibile, arriva il tentativo di scaricare su Piantedosi eventuali lutti, perché – cianciano – «in assenza delle navi e degli aerei delle Ong, sempre più persone perderanno la vita nel tentativo di attraversare il Mediterraneo centrale; le violazioni dei diritti umani e i naufragi resteranno invisibili». Roba da manicomio. Ma le frottole non diventano verità anche se le ripeti un’infinità di volte. Il ministro dell’Interno non è tipo da lasciarsi intimidire da sparate del genere e resta fermo sulla volontà – che sta nel programma del governo – di far rispettare il diritto internazionale: per Piantedosi le Ong non possono operare politicamente senza conseguenze.
La stessa Giorgia Meloni ha accusato più volte le Ong di essere complici involontari degli scafisti, affermando, tra l’altro, che «il governo continuerà a lavorare per fermare la tratta, l’immigrazione clandestina e le morti in mare. Che a loro piaccia o meno». Del resto, non è ammissibile che si operi in modo indipendente dai governi, rifiutando di coordinarsi con le autorità preposte, siano essere italiane o maltesi. Perché si crea solo caos nelle operazioni di soccorso, complicando una reale gestione delle crisi migratorie. Ed è inutile mettere nel mirino decreto Piantedosi e la politica dei “porti lontani”, che invece mirano a regolare gli arrivi, a evitare concentrazioni in alcuni punti (come Lampedusa) e a diluire il carico migratorio su più territori. Questo serve, secondo Piantedosi, a proteggere le comunità locali e a mantenere ordine.