Da dove ha preso i soldi “Mediterranea Saving Humans” per acquistare la sua nuova nave da 54 metri e 1.000 tonnellate di peso? Chi ha finanziato l’associazione di promozione sociale fondata da Luca Casarini per affiancare alla Mare Jonio anche la nuovissima Mediterranea? La domanda è tutt’altro che capziosa, considerato che gli ultimi bilanci della Ong disponibili, per il triennio 2021-2023, non mostrano alcuna traccia di accantonamenti, prestiti, donazioni vincolate o raccolte straordinarie capaci di giustificare una spesa così ingente. Eppure, la nave c’è. È reale, ha preso il largo da pochi giorni e sta operando attivamente nel Mare Nostrum.
Vediamo nel dettaglio. Il 2023 si è chiuso per la Ong con ricavi per un milione e mezzo di euro, composti in larga parte da contributi liberali. Ma la totalità delle entrate è stata assorbita dai costi operativi. Solo i servizi, tra cui le spese di navigazione, hanno bruciato oltre 1,2 milioni. A questi si aggiungono le voci di personale (96mila euro), consulenze e comunicazione (68mila), più una quota simile per oneri accessori. Alla fine dell’anno, l’utile residuo è stato di appena 16mila euro, a fronte di un’esposizione debitoria salita a 77mila euro e di una liquidità disponibile ridotta a 73mila euro. Un quadro economico-finanziario fragile e instabile. Non molto diverso era stato il bilancio del 2022, con costi per 1,306 milioni e ricavi poco superiori, utili per 82mila euro e una liquidità di 102mila. Da allora, però, i debiti sono aumentati, la cassa è diminuita e non vi è stato alcun incremento strutturale delle risorse.
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Gira che ti rigira, sono sempre "compagni che sbagliano". Vanno un po' capiti, sono stati travolti dalla r...Tirando le somme, l’utile medio del triennio- circa 33mila euro all’anno - è pari a un trentesimo del valore dichiarato della nave salva migranti. Com’è stata comprata, allora? Anche ammettendo l’ipotesi che l’imbarcazione sia stata rilevata da un soggetto terzo per poi essere ceduta o affidata alla Ong- cosa peraltro non riscontrabile nei documenti contabili - resterebbe comunque il nodo della sostenibilità gestionale. I bilanci già soffrono per la sola Mare Jonio. Difficile immaginare che, con le stesse risorse, la Ong possa sostenere due missioni in parallelo. Dunque, torna la domanda iniziale: chi ci mette i soldi? Ad annunciare l’acquisto è stato Beppe Caccia, armatore della Mare Jonio, pochi giorni fa: «Comprare, allestire, equipaggiare la nave Mediterranea è costato poco più di 1 milione di euro, soldi che arrivano dalle migliaia di donazioni». Nessuna indicazione aggiuntiva, né dettagli sui tempi, né sui canali utilizzati, né tantomeno sui soggetti eventualmente coinvolti. Bisognerà forse aspettare il bilancio 2024 per sapere quali e quante siano queste donazioni?
Nel frattempo, la nuova nave è entrata in servizio sabato scorso. Dopo essere stata ferma nel porto di Borriana, vicino a Valencia, si è diretta verso la zona Sar al largo della Libia. E proprio ieri, l’equipaggio ha denunciato che diversi gommoni della guardia costiera libica, con uomini armati a bordo, avrebbero intercettato l’imbarcazione in acque internazionali, intimando l’inversione di rotta. Il 2025 è stato un anno particolarmente difficile per la Ong. Il giudice per l’udienza preliminare di Ragusa, Eleonora Schininnà, ha disposto infatti, nel maggio scorso, il rinvio a giudizio dell’equipaggio della Mare Jonio, con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Al processo, oltre al comandante, figurano anche Alessandra Metz, legale rappresentante della società armatrice Idra Social Shipping, lo stesso Caccia e, naturalmente, Luca Casarini, ex leader delle Tute Bianche, insieme ad altri sei operatori.
Al centro dell’inchiesta, il sospetto trasbordo di 27 naufraghi avvenuto nel settembre 2020: i migranti erano stati soccorsi dal cargo danese Etienne Maersk e successivamente affidati alla Mare Jonio per essere condotti a Pozzallo. Due mesi dopo l’approdo, la compagnia danese aveva versato 125mila euro a Idra Social Shipping. Una somma che, secondo l’accusa, configurerebbe un pagamento illecito per il servizio svolto, nonostante i promotori dell’operazione abbiano sempre parlato di una sorta di «rimborso spese». Oggi Mediterranea opera con due unità: la storica Mare Jonio e la nuova arrivata. Mala doppia presenza in mare pone interrogativi su scala più ampia. La gestione finanziaria e la linearità delle condotte dei “taxi del mare”, che quasi sempre entrano in rotta di collisione con le politiche di sicurezza del Governo, impongono una trasparenza assoluta. Non basta dire: noi siamo i buoni.