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La crisi durerà fino alle elezioni tedesche

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La Merkel è con Draghi ma non vuole passare per quella che butta i soldi di Berlino. Fino a settembre 2013 l'euro non è salvo

Matteo Legnani
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  La strategia di Merkel è chiara: rimandare ogni soluzione solidale europea che potrebbe provocare dissensi nell'elettorato tedesco fino alle elezioni politiche del settembre 2013. La cosa è nota da tempo, per esempio nel 2011 in più occasioni parecchi diplomatici europei lamentarono che si rischiava di dissolvere l'Europa per le esigenze di campagna elettorale tedesca. L'intervento di Draghi nell'affermare che la Bce farà di tutto per evitare lo scenario  catastrofico ha fatto pensare per qualche settimana che Merkel si fosse arresa all'evidenza: i mercati non aspetteranno un anno e se non vedono subito un garante credibile dell'euro ne sconteranno la dissoluzione inducendola in pochi mesi. Infatti Merkel si è parzialmente arresa sia perché non vuole arrivare alle elezioni con l'imputazione di essere stata la responsabile della dissoluzione dell'Eurozona sia perché le élite tedesche finanziarie ed industriali vogliono mantenere l'eurosistema in quanto offre loro immensi vantaggi comparativi. Questi infatti puntano agli Stati Uniti d'Europa dominati da Berlino come strumento di moltiplicazione della forza dell'industria e del sistema bancario tedeschi per far loro prendere migliori posizioni nel mercato globale nonché dominare quello intraeuropeo. La resa parziale è rilevabile dalle mosse con cui Merkel ha tentato di soddisfare sia l'esigenza di rassicurare i mercati sulla disponibilità di Berlino a lasciare che la Bce intervenga per comprare debiti degli Stati allo scopo di ridurne i costi di rifinanziamento, riportandoli entro limiti di sostenibilità, sia quella di mostrare all'elettorato tedesco, preda di uno stereotipo negativo contro gli europei meridionali, che non verranno usati soldi fiscali germanici per ingrassare le cicale (circa il 55% dell'elettorato). Da un lato ha sostenuto l'impegno della Bce con molta forza. Dall'altro confida nella possibilità che la Corte costituzionale di Karlsruhe, pur approvando il 12 settembre la compatibilità tra Fondo salvastati (il futuro European Stability Mechanism, veicolo per gli interventi Bce) e le norme nazionali, metta dei paletti, tipo ulteriori approvazioni parlamentari, per prendere tempo. Qualora non fosse possibile, il piano di riserva di Merkel è quello di lasciare via libera alla Bce in modi informali – come ha già fatto nella tarda primavera del 2011 – in quanto i suoi interventi non impegnano in modo diretto e visibile denari fiscali, così non esponendosi all'ira degli elettori ed allo stesso tempo ottenendo una tregua dai mercati. Questi, infatti, se vedessero una Bce senza lacci non oserebbero  sfidarla con azioni ribassiste. Ma proprio su questo punto è entrata di traverso la Bundesbank: non vuole che la Bce faccia questo e, nel suo ultimo bollettino mensile, fa scrivere che devono essere gli Stati a farsi carico dei rischi di insolvenza degli eurostati a causa del debito eccessivo. Perché Bundesbank fa così? Per diversi motivi: (a) non ha mai voluto l'euro che ne ha depotenziato il ruolo; (b) non ha gradito che Merkel abbia fatto dimettere il precedente presidente della Buba e lo abbia sostituito con un proprio consigliere, che ora per sopravvivere deve cedere alle pressioni della burocrazia interna; (c) teme di essere accusata dalla popolazione di non aver difeso la stabilità della moneta; (d) forse teme che se non mostra capacità di ricatto nei confronti di Draghi, poi la Bce pretenderà di togliere la vigilanza bancaria alle banche centrali nazionali, scoprendo che la Bundesbank ha chiuso un occhio sul pauroso buco (quasi 400 miliardi) delle banche regionali tedesche a conduzione politica. Infatti nel bollettino la Buba esplicitamente rifiuta la vigilanza europea con una motivazione talmente strampalata – comprometterebbe la stabilità – da indicare che su questo punto ci sono nervi scoperti. In generale, molti politici tedeschi, osservando l'ondata di dissenso verso l'euro, prendono posizioni più marcate anti-euro o nazionaliste. Pertanto Merkel farà sempre più fatica a trovare un compromesso tra le due spinte. Poiché l'Italia non può aspettare un anno, la Bce deve forzare l'intervento fregandosene dei tedeschi. Oppure si sciolga l'euro consensualmente, con il ritorno di tutti alle monete nazionali, opzione assolutamente più vantaggiosa per l'Italia. di Carlo Pelanda    

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