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Ora i comunisti ci ricascano:mangiano bimbi in Nordcorea

Pyongyang, la carestia causa migliaia di morti per fame e spinge i contandini all'antropofagia. La rivelazione del "Sunday Times": "Padre mangia figlio"

Andrea Tempestini
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  di Maurizio Stefanini I comunisti tornano a mangiare i bambini: in Corea del Nord. Proprio mentre Google Maps, come già preannunciato, diffonde le nuove mappe del Paese che rivelano l'ubicazione dei siti nucleari e dei famigerati campi di lavoro dove tra i 100.000 e i 150.000 prigionieri sarebbero costretti a lavorare 16 ore al giorno, il Sunday Times rivela che un uomo vi sarebbe stato condannato a morte per avere ucciso e poi mangiato i suoi due figli. La fonte è un giornalista nordcoreano che lavorerebbe per l'agenzia di Tokyo AsiaPress, e secondo il quale l'evento andrebbe inquadrato nello scenario dell'ultima carestia che l'anno scorso ha flagellato la Corea del Nord, provocando almeno 10.000 vittime. Per non morire di fame un cittadino nordcoreano avrebbe infatti prima ucciso la figlia maggiore e poi il figlio minore, che lo aveva colto sul fatto. «Gli omicidi sono stati compiuti mentre la moglie era fuori per affari», riporta la stessa fonte. «Al ritorno gli ha offerto la carne ma lei, insospettita, ha avvertito le autorità che lo hanno poi arrestato».  Il governo di Pyongyang non conferma, ma neanche smentisce. E la Yohnap, agenzia di stampa sud-coreana, aggiunge che nel 2012 «almeno tre persone» sarebbero state nel Nord condannate a morte e subito giustiziate per cannibalismo. Si parla inoltre di un nonno che avrebbe scavato nella terra per recuperare il cadavere del nipote e mangiarlo e di un altro uomo che avrebbe bollito e mangiato la figlia. Meno sicura è l'agenzia cattolica Asia News, che pure fa rimbalzare questa notizia. Le sue fonti, collegate ai programmi umanitari che lavorano in Corea del Nord, non sanno e forse non possono essere più precise, ma nello spiegare che «sui singoli casi è impossibile parlare» convengono: «quel che è certo è che i coreani del Nord sono ridotti davvero alla fame: nulla potrebbe oramai sorprendere». E anche se non dispone di informazioni più ampie e sicure su questo caso, sempre Asia News tende comunque a ricordare che «il cannibalismo è stato praticato di sicuro in Corea del Nord durante le carestie dei primi anni Novanta», quando morirono almeno due milioni di persone. Nel 2001 il Programma alimentare mondiale dovette dovuto fornire a questo Paese 811.000 tonnellate di cereali, e 60.000 nel 2002: oltre il 70 per cento del fabbisogno nazionale! E se si ritenne che a partire dal 2003 la situazione fosse migliorata solo perché, come spiegò il nordcoreanologo francese Pierre Rigoulot, «i bimbi accolti alla frontiera non disegnano più strani banchi di macelleria dove ci sono membra umane al posto delle costolette. È già dal 1999, e non oggi, che è arrivata l'eco dell'esecuzione di assassini di bambini, la cui carne era stata venduta al mercato insieme alla carne di maiale». Allora Kim Jong-il, padre dell'attuale dittatore, fece dei problemi alimentari un'analisi stile Maria Antonietta con le brioches, spiegando che erano colpa degli stessi nordcoreani, ostinati a voler mangiare patate invece di riso. La verità era che, a parte i soliti fallimenti dei regimi comunisti, in più la Corea del Nord spende oltre un quinto del suo bilancio in spese militari. Invece di approntare un piano per la ripresa economica, l'esecutivo aveva scelto negli ultimi decenni di investire i soldi provenienti dagli aiuti internazionali e da alcune voci ancora in attivo in armi e programmi nucleari. Secondo i dati delle Nazioni Unite, su 22 milioni di abitanti la metà viveva con meno di 1 dollaro al giorno. Dopo la morte di Kim Jong-il si è parlato molto delle velleità riformiste di Kom Jong-un, ma alla fine l'unica riforma che ha fatto con energia è stata quella valutaria, che invece di rilanciare l'economia si è rivelata esiziale. In più ha rilanciato il programma missilistico, ragione per cui le Nazioni Unite hanno approvato nuove e più pesanti sanzioni contro il regime. Indirettamente, anche contro i suoi sudditi, anche se forse il danno è minimo, rispetto alle terribili condizioni in cui starebbero già comunque.  

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