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Pizzarotti e Grillo a Parma: solo tasse e inceneritore

Il "no" dei giudici al blocco dell'impianto è l'ultimo flop del sindaco M5S, dopo Imu record e bilancio in profondo rosso

Giulio Bucchi
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  di Francesco Specchia Siamo alla nemesi elettorale: hanno incenerito Federico Pizzarotti, proprio sull'inceneritore. C'è qualcosa di triste, c'è quasi la sensazione di un senso d'impotenza nella notizia che poco prima di Natale il Tribunale del Riesame, dopo il «no» del Gip, ha rigettato  l'ipotesi di sequestro dell'inceneritore di Parma, sputtanando il sindaco grillino della città; il quale proprio nella lotta estrema al termovalorizzatore aveva costruito la propria campagna elettorale. Pizzarotti, in nome del Nymby (costruite dove volete ma Not In My Back Yard, non nel mio cortile, dicono gli americani...) e grazie alla lotta contro il “grande forno” era riuscito ad intercettare il consenso anche d'un elettorato moderato e pidiellino che, forse, altrimenti, non l'avrebbe votato. L'incenitore era un simbolo potente di nuova politica. «Prima di aprire questo maledetto inceneritore dovrete passare sul cadavere di questo omino qui...»; ce lo ricordiamo Beppe Grillo durante la campagna elettorale parmigiana, mentre indicava il futuro sindaco -l'omino - preso da visibile imbarazzo. Ad onor del vero Pizzarotti non ha mai promesso che l'inceneritore fosse costruito, ma che avrebbe fatto di tutto per impedirlo; e sta continuando a percorrere tutte le vie legali possibili per mantenere i buoni propositi. Ciononostante, ciò che conta è il risultato, sennò il  proposito diventa solo promessa elettorale. E questa sarebbe vecchia politica: quel che il M5S vuol combattere. E, allora hai voglia, il Pizzarotti, a dichiarare al Messaggero: «Noi abbiamo vinto e vinceremo ancora perchè cerchiamo di dare le risposte che i partiti non sanno e non vogliono dare». E hai voglia, a buttarti su ordinanze facili ma - come dire? - d'aspetto secondario, come la lotta alla movida, l'istituzione di un'area C, la raccolta differenziata spinta con mini cassonetti policromi in bella vista nei vicoli storici.  Pizzarotti aveva affermato «Siamo disposti a pagare la penale pur di non far accendere l'impianto e voi cittadini lo deciderete con un referendum»; ma era un'affermazione tecnicamente incongrua. Perchè Parma non è padrona dell'impianto, che è in condominio con altre istituzioni come la Provincia. Tra l'altro, sarebbe inutile anche la protesta consistente nel non portare il pattume del parmense al “camino”: l'inceneritore, per legge, dovrà  bruciare anche i rifiuti di Reggio e Piacenza. Tanto per capirci, soltanto a Parma, oggi, i costi per lo smaltimento dei rifiuti sono i più alti dell'Emilia Romagna: 168 euro a tonnellata. I concittadini di Maria Luigi, insomma , restano cornuti e mazziati. E così, lo scontro dello sconosciuto tecnico informatico che volle farsi sindaco, del Candide grillino dei luccicanti propositi, col muro duro della realtà burocratica diventa una mazzata per quegli elettori che avevano sperato nella nuova politica. Una mazzata progressiva. Dato che, oltre al termovalorizzatore che si accenderà oramai tra febbraio e marzo prossimi, Pizzarotti ha cannato pure su altro. Le aliquote di Imu e Irpef sono rimaste tra le più alte d'Italia; in compenso le rette degli asili si sono impennate (aumento per reddito fino al 20%). A metà dicembre, sotto l'albero di Natale, è stata sfornata la tassa di soggiorno (al via da luglio); e la settimana precedente era toccato a una mini-imposta di 10 euro per la Ztl e intanto il bilancio preventivo deve essere ancora approvato, con conseguente esercizio provvisorio. Ma la colpa non è neppure della giunta attuale. Il Comune di Parma vanta un debito di 874 milioni di euro, tra società partecipate, crediti coi fornitori e con le banche. Poi c'è il doloroso capitolo del Teatro Regio e del bicentenario di Verdi; ma questo merita un pezzo a parte. Osiamo dire che, dopo sei mesi, l'esperienza territoriale del M5S riesce a trasmettere un senso di inadeguatezza...  

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