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Maroni: "Fui io a scrivere a Scajola che Biagi era in pericolo"

Nicoletta Orlandi Posti
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Omicidio per omissione: è l'ipotesi di reato nell'inchiesta della Procura di Bologna sulla mancata scorta a Marco Biagi, il giuslavorista ucciso il 19 marzo 2002 da un commando delle Nuove Brigate Rosse, sotto la sua abitazione di via Valdonica, nel centro del capoluogo emiliano. L'inchiesta dei magistrati felsinei avrebbe preso corpo anche in seguito ad alcuni documenti sequestrati dalla Procura di Roma dall'archivio dell'ex ministro dell'Interno Claudio Scajola nell'ambito di un'altra indagine. Gli inquirenti ipotizzano al momento il reato contro ignoti. Si è partiti da una lettera di un politico vicino a Marco Biagi in cui si metteva in guardia sul pericolo in cui si trovava il giuslavorista poi assassinato, e su cui ci sarebbe il 'visto' dell'ex ministro. Quel politico era Roberto Maroni all'epoca ministro del Welfare. A rivelarlo è lo stesso governatore della Lombardia che dice a Repubblica: "Sono io ad aver scritto una lettera a Scajola. Chiedevo di estendere la scorta a Marco Biagi, anche a Bologna, dove viveva". Il leghista svela che partì dal suo ufficio la richiesta di aiuto per proteggere il suo consulente. Ma non servì. Proprio a Maroni, Biagi aveva scritto parole che appaiono come una tragica premonizione: "Se dovesse malauguratamente occorrermi qualcosa, desidero si sappia che avevo inutilmente informato le autorità di queste ripetute telefonate minatorie, senza che venissero presi provvedimenti". Eppure Scajola negò sempre di essere a conoscenza dei pericoli che correva il giuslavorista. Lo disse in Parlamento nell'aprile del 2002. Lo ripetè l'estate successiva, quando dette le dimissioni per quella frase, "Biagi era un rompicoglioni". Disse: "La tragica morte di Biagi non è avvenuta per colpa mia. Nessuno mi ha mai informato dei suoi messaggi disperati". Parla l'ex segretario - Circostanza smentita anche dal suo ex segretario Luciano Zocchi che ha conservato la lettera di cui oggi Maroni rivendica la paternità. Intervistato oggi da Carlo Bonini per Repubblica ricorda che "dopo la morte del povero Biagi, il ministro Scajola ordinò una relazione una relazione ispettiva al prefetto Sorge sulle responsabilità della mancata assegnazione della scorta". "Ero convinto", dice Zocchi, "anzi davo per scontato in quella primavera del 2002 che sarei stato sentito dal prefetto. Ma nessuno mi cercò. La cosa prima mi sorprese e poi mi inquietò. Forse non si voleva ascoltare quel che avevo da dire".  E ancora: "Con Scajola, provai più volte ad affrontare il tema Biagi, ma ogni volta si sottraeva. Fino a quando non disse in un'intervista qualcosa che mi fece gelare il sangue". "Alla domanda di chi insisteva nel sapere se le informazioni sui rischi per la vita di Biagi gli erano state trasmesse", spiega Zocchi, "rispose: forse sono state trasmesse a qualcun altro. Ecco, compresi allora che dovevo proteggermi a futura memoria. Cominciai a raccogliere documenti, anche dopo essere uscito dal Viminale. Presi l'abitudine di registrare alcune mie conversazioni. E bene ho fatto". "È stato minacciato in questi anni?", gli ha chiesto Bonini. E Zocchi: "Diciamo che la domanda è intelligente".

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