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A Sanremo Fazio tenta il salto da Baffino a Matteo

Nel 2001 fece campagna elettorale a D'Alema e poi arrivò un super-contratto a La7. Ora Fabio ci riprova

Matteo Legnani
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Nell'ultimo anno e mezzo il presidente del consiglio in pectore Matteo Renzi ha incontrato più volte Fabio Fazio nella sua trasmissione «Che tempo che fa» che non la moglie Agnese Landini. L'astro nascente della sinistra, dai tempi eroici della Leopolda ai giorni nostri, è stato un ospite quasi fisso del «bravo presentatore» da 1,8 milioni di euro l'anno (Sanremo escluso). Per rendersene conto basta digitare insieme su Youtube i loro due nomi. Imperdibile il siparietto del 9 marzo 2013, quando Matteo va a commentare il deludente risultato elettorale del suo partito. Fazio esordisce così, giusto per mettere in difficoltà l'interlocutore: «Dicono tutti in questi giorni difficili e anche incerti: con Renzi sarebbe stato diverso». Sorrisetto sornione e affondo: «Visto che lei conosce Renzi che cosa ne pensa di questa frase?». L'allora sindaco di Firenze, indossa i panni dello statista, e replica da par suo: «Se mia nonna aveva le ruote era un carretto». Tra novembre e dicembre 2013 Renzi è il mattatore di tre puntate quasi consecutive e il forzista Renato Brunetta definisce Fazio «nuovo responsabile della comunicazione del Pd». In realtà non rammenta che già ai tempi di Walter Veltroni, il presentatore era considerato un intellettuale organico e il leader Pd gradito ospite del suo salottino televisivo. Eppure Fabiolo, classe 1964, quando Walter, a Roma, era già consigliere comunale del Partito comunista italiano, i coetanei di sinistra non li aveva in gran simpatia, tanto da candidarsi alle elezioni studentesche del suo liceo savonese in uno schieramento di ispirazione moderata e pentapartitica. Ma si sa, crescendo si cambia e alla fine degli anni '90 suscita qualche polemica la sua partecipazione a uno spot elettorale per il diessino savonese Roberto Decia. Un cambio di rotta che diventa apoteosi l'8 maggio del 2001, quando conduce in terra di Gallipoli (Lecce) la serata finale della campagna elettorale di Massimo D'Alema. Di quella performance qualcuno ha cercato di cancellare le prove, facendo sparire dalla Rete il video della serata, in quanto «privato». Sopravvive, però, per feticisti e posteri, sul sito dei Radicali, la testimonianza audio della kermesse. Quella notte Fazio non si tiene: «Sono la tua Iva Zanicchi» gorgheggia quando appare il lìder Maximo, subito ribattezzato «il nostro candidato». «Questa luna la dobbiamo a lui» cinguetta. Davanti a un pubblico in deliquio Fazio paragona D'Alema a Silvio Berlusconi: «Guardatelo che bello, ha tutti i capelli veri, non sono disegnati, complimenti (…) la voce è bella con ogni microfono e non ha nemmeno il trucco sulla faccia, ogni ruga è sua». Un trasporto che appare eccessivo allo stesso Fazio: «Spero di non fare dei danni. Io mi lascio un po' prendere dall'entusiasmo, sai che nella mia vita al primo posto c'è Roberto Mancini al secondo ci sei tu». Dopo le battute di rito su Berlusconi, Mediaset e Bruno Vespa, chiede l'applauso per il candidato diessino: «Esageriamo. Evviva le esagerazioni. Rivendico il diritto di cittadino di essere qui con grande piacere, è un dovere civile». Quindi per chi non lo avesse capito aggiunge: «Mi dispiace non poterti votare perché non sono di questo collegio, ma è come se lo fossi». Il 13 maggio il Cavaliere vince le elezioni e Fazio capisce che l'aria in Rai non è più respirabile dopo cotanto coming out. E trasloca alla neonata La7, ovvero la rete della Telecom, al cui vertice c'è Roberto Colaninno, uno degli «imprenditori coraggiosi» sponsorizzati dall'allora premier D'Alema nella scalata alla compagnia telefonica. Non passano neanche tre mesi e la proprietà cambia. Arriva Marco Tronchetti Provera e a tre giorni dall'esordio il Fab show di Fazio viene improvvisamente annullato. «Il mio spettacolo non era gradito» spiega Fabiolo. In cambio, narrano le cronache, incassa, senza essere mai andato in onda, 28 miliardi di lire, tra penali e buonuscita. Una cifra che a molti appare esagerata. «Con i miei avvocati ho pensato al modo di farmi dare più soldi possibile» ammette candidamente il nostro.  Nel 2002 denuncia che la sua partecipazione a un programma di Fiorello in Rai era stata cancellata. Ma il ruolo del martire non è nelle sue corde e nel 2003, in piena epoca berlusconiana, pianta nuovamente le tende nella tv pubblica per lanciare il suo nuovo programma «Che tempo che fa».  Uno spettacolo realizzato dalla Endemol, una società di produzione che sino al 2012 ha avuto tra i suoi soci (con il 33 per cento) la sbeffeggiata Mediaset. Fazio sarà anche fazioso, ma sa fare di conto. di Giacomo Amadori

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