Svolta nell'inchiesta della Procura di Milano sui rimborsi elettorali della Lega. I pm della Procura di Milano Alfredo Robledo, Paolo Filippini e Roberto Pellicano di Milano hanno notificato un'informazione di garanzia a Umberto Bossi e ai suoi figli Renzo e Riccardo nella sede del Carroccio in via Bellerio. L'ipotesi di reato è truffa ai danni dello Stato. Per i figli l'accusa è di appropriazione indebita in relazione alle loro spese personali: avrebbero intascato una 'paghetta' fissa intorno a 5.000 euro al mese, prelevata dai soldi dei rimborsi elettorali dall'ex tesoriere Francesco Belsito (il primo indagato) negli ultimi 4 anni. Ai due figli del Senatùr sarebbero stati versati anche soldi per spese extra come quelle relative ad auto e benzina. In totale, si tratterebbe di una truffa ai danni di Stato e partito da 18 milioni di euro. Indagato anche il senatore Piergiorgio Stiffoni accusato di peculato in relazione all’uso dei fondi del Carroccio del Senato (gestiva il portafiglio leghista al Senato: avrebbe utilizzato soldi pubblici a scopi personali). Scatta quindi l'accusa di peculato perché quei soldi avrebbero dovuto avere una destinazione pubblica. E’ stato iscritto nel registro degli indagati anche l'imprenditore Paolo Scala per riciclaggio. Atto di garanzia - Il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati e il pm Paolo Filippini, che indagano sui fondi della Lega, hanno spiegato che l'iscrizione nel registro degli indagati di Umberto Bossi con l'accusa di truffa ai danni dello Stato è "un atto di garanzia che dovrà comportare degli approfondimenti". Approfondimenti che, hanno precisato gli inquirenti, sono collegati a verificare se effettivamente il denaro, ottenuto grazie al meccanismo dei rimborsi elettorali, sia stato utilizzato per esigenze personali dagli altri indagati, a cominciare dall’ex tesoriere Francesco Belsito. Gli inquirenti si sono convinti che fosse necessario inviare un avviso di garanzia al fondatore della Lega anche alla luce delle dichiarazioni della segretaria amministrativa Nadia Dagrada che ha affermato, durante gli interrogatori, che Umberto Bossi firmava tutti i rendiconti. In particolare, a Bossi viene contestato di avere avallato questi rendiconti ritenuti non veritieri nell’agosto 2011. Duante la conferenza stampa, il procuratore Bruti Liberati ha spiegato che è in corso anche una consulenza tecnica che dovrà fare luce sull'eventuale utilizzo dei fondi pubblici che gli indagati avrebbero fatto per scopi personali. In questa fase delle indagini, ha affermato Bruti "è sufficiente avere l’indicazione che i fondi destinati al partito sono stati usati per altri scopi". Indignazione Maroni e Zaia - "Voglio una Lega unita, voglio una Lega forte, voglio una Lega viva. Una Lega che si concentra sulle cose da fare e non sulle menate interne, che progetta e governa, che dà risposte. Largo ai giovani e a chi è capace. Per faccendieri, ladri e ciarlatani non c'è posto nella Lega del futuro". Lo ha scritto Roberto Maroni sulla sua pagina di Facebook non appena si è diffusa la notizia dell'iscrizione a registro di Umberto Bossi e dei suoi figli. "Se la magistratura accerterà responsabilità chi ha sbagliato dovrà pagare", ha commentato Luca Zaia, presidente della Regione Veneto e leghista di primo piano. "Apprendo la notizia dalle agenzie di stampa: mi sembra di capire che questi eventi rappresentino l’epilogo di tutto quello che si è letto e visto in tutte queste settimane". PIù duro il commento di Matteo Salvini, europarlamentare e consigliere al Comune di Milano per il Carrocio: "Il fatto che a quattro giorni dai ballottaggi si continui a buttar fango sulla Lega mentre l’economia crolla, lo spread schizza e i mercati affondano, bè fa inevitabilmente venire qualche dubbio". "Chi ha sbagliato in Lega ha già pagato - sottolinea Salvini - si usa la Lega per coprire e gettare ombre sul fallimento di questo governo. Evidentemente all’opposizione continuiamo a dar fastidio".
