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L'avvocato d'ufficio delle Br lascia"Non mi vogliono e io ho paura"

Alfredo D'Avanzo

Come nel processo del 1976 a Torino i brigadisti rifiutano di essere difesi e minacciano chi accetta l'incarico

Nicoletta Orlandi Posti
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  "Il codice è borghese. Siamo qui per sovvertire lo stato borghese". Alfredo D'avanzo, imputato nel processo alle nuove Brigate Rosse, replica così durante l'udienza del  processo-bis d'Appello a 11 imputati delle 'nuove Brigate Rosse-Pcpm', che si è tenuta questa mattina a Milano, al giudice Anna Conforti in merito all'assegnazione di un avvocato difensore. D'avanzo ha chiarito che nessuno "è tenuto a fare un discorso a nostro nome". E' di questa mattina la notizia riportata dal Corriere della Sera secondo la quale l'avvocato d'ufficio, che era stata nominata nella scorsa udienza,con un sorteggio della Corte D'Assise di Milano per assicurare una difesa tecnica anche all'imputato Davanzo, ha rinunciato all'incarico perchè temeva per la propria incolumità psicofisica.  L'avvocatessa, una trentenne da tre anni iscritta alle liste dei difensori d'ufficio, ha avuto paura a sentire pronunciare, nella scorsa udienza, il proclama di Davanzo con il quale riunciava al proprio difensore storico di fiducia pur di non aver alcun "rapporto con lo Stato borghese”. Quando la Corte aveva nominato i due legali d'ufficio gli imputati dalle gabbie avevano gridato “di non volerli accettare”. A quel punto la Corte aveva spiegato che gli imputati non hanno facoltà di rinunciarvi ma, sottolinea il quotidiano, “allora Davanzo mormora: 'In ogni caso ci saranno complicazioni”. “E' possibile che questa frase sia stata percepita come una latente minaccia da una dei due legali d'ufficio”, spiega. Una decisione che D'avanzo ha commentato in aula dicendo: "Non è che possiamo minacciare qualcuno. Non lo facciamo". Detto questo resta ferma la volontà di non avvalersi di un avvocato difensore. "Se vogliamo evitare incidenti burocratici - ha sottolineato - chiariamo subito che non accettiamo nessuna difesa". La scelta dell'imputato di non avere una difesa è stata ribadita dopo che il giudice ha annunciato che il nuovo avvocato difensore sarà Massimiliano Meda che invece ha accettato: "Gli ho parlato - ha spiegato - sono tranquillo. E' mio dovere professionale difenderli". Anche l'avvocato Emanuele Di Salvo, assegnato all'altro imputato nel processo, Vincenzo Sisi, resterà "perchè questo è quello che ci hanno insegnato".  L'attentato a Pietro Ichino non fine a se stesso ma rappresenta qualcosa di più. Questo, secondo il Pg, Laura Barbaini, che durante la requisitoria nell'udienza per le Nuove BR, ha spiegato che "colpendo Ichino si va a chiudere la bocca al confronto delle idee. Ichino rappresenta l'ordine democratico, il metodo sul quale si fonda l'assetto giuridico istituzionale". Il Pg fa rientrare Ichino nella definizione di 'uomini di cerniera. "Colpire gli uomini di cerniera, eliminarli - ha aggiunto - per aprire la strada della insurrezione armata".  La Barbaini, per questo, ha chiesto 12 condanne con una rideterminazione della pena fino a 14 anni, al termine della sua requisitoria nel processo milanese d'appello alle cosiddette 'Nuove BR'. Le pene richieste dal Pg sono inferiori di circa sei mesi rispetto a quelle decise precedentemente, e poi annullate dalla Cassazione che aveva disposto il nuovo processo innanzi alla Corte d'Assise d'Appello di Milano. Il Pg ha chiesto per Davide Bortolato e Claudio Latino 14 anni e 1 mese di reclusione. Per Vincenzo Sisi, 12 anni e 11 mesi. Per Alfredo Davanzo, ritenuto l'ideologo del gruppo, la richiesta è di 10 anni e 10 mesi. Per Massimiliano Gaeta, 7 anni, 6 mesi e 15 giorni. Per Massimiliano Toschi, 10 anni, 2 mesi e 15 giorni. Per Bruno Ghirardi 10 anni, 4 mesi e 15 giorni. Anche per Salvatore Scivoli c'è la richiesta di rideterminare la pena in 6 anni e 6 mesi. Per gli altri quattro imputati, Amarilli Caprio, Alfredo Mazzamauro, Davide Rotondi, Andrea Scantamburlo, il Pg ha chiesto che sia confermata la sentenza impugnata.    

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