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Br, minacce in aula a Ichino"Lui rappresenta il capitalismoCi sbarazzeremo di questo sistema"

Il giuslavorista in aula nel processo alle Nuove Brigate Rosse: "Devo girare sotto scorta. Sono terroristi"

Nicoletta Orlandi Posti
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  Urla e insulti contro Pietro Ichino dagli imputati accusati, a Milano, di far parte delle Nuove Brigate Rosse. Prima che i giudici della seconda sezione della Corte  d'Assise d'Appello si ritirassero in camera di consiglio per la sentenza, alcuni imputati hanno gridato contro il giuslavorista, presente in aula, parte civile nel procedimento: “Vergogna, vai a lavorare”. Non solo. Anche dallo spazio riservato al pubblico, composto per lo più da amici e parenti degli arrestati, si sono alzate altre grida e insulti contro Ichino. Ichino pochi minuti prima aveva parlato in aula di un pericolo ancora attuale che lo riguarda. "Non posso che circolare su un'auto blindata", ha detto ricordando ai giudici che "fin dal primo grado di giudizio ho offerto a tutti e a   ciascuno degli imputati la mia rinuncia alla costituzione di parte civile e al risarcimento dietro il riconoscimento del diritto a non   essere aggrediti. Nessun imputato però - ha aggiunto Ichino - ha   risposto a questa proposta di dialogo". Il senatore del Pd ha quindi ricordato che, nel 2006, non era   assolutamente a conoscenza del presunto progetto di attentato che lo riguardava da parte degli imputati. In quel periodo lo stesso Ichino aveva chiesto al ministero la rimozione della protezione, con una   domanda che era stata quindi trasmessa al prefetto. Ma proprio il prefetto, aggiunge Ichino oggi "mi informò delle indagini in corso e che non era opportuno rinunciare alla protezione". Questa situazione di pericolo prosegue Ichino "ha tutt'oggi non   è cessata anche per il rifiuto degli imputati alla mia proposta di   dialogo. Così io oggi non posso che circolare su un'auto blindata". Da dietro le sbarre gli ha risposto Alfredo Davanzo, uno dei capi delle cosiddette Nuove Brigate Rosse: "Questo signore rappresenta il capitalismo, lui è l'esecutore di questo sistema". "Quelli blindati - ha aggiunto Davanzo - siamo noi. Questa gente non ha diritto a fare sceneggiate. C'è una guerra di classe in corso... eseguiremo il dovere di sbarazzarci di questo sistema". A udienza conclusa Ichino ha commentato con i giornalisti: “Queste persone vogliono decidere chi sia il simbolo dello Stato ed emanare sentenze di morte e  di ferimento nell'ambito di una guerra che hanno dichiarato”. Queste persone, ha proseguito, “sono terroristi e non c'è altro termine con cui possono essere definiti”. Rispetto agli insulti  ricevuti dalle gabbie, il senatore ha spiegato che “le minacce che mi rivolgono ancora è uno dei motivi per cui devo ancora oggi girare sotto scorta. Alla follia (degli imputati, ndr) non c'è altro rimedio che la condanna in uno Stato di diritto”.  

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