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Israele e Palestina, la sinistra sostenitrice dell'agenda islamista e tifosa di Hamas

 Enrico Letta

Kurtz
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«Ebrei f**i», «stuprate le loro figlie». Sono le gentili parole di alcuni manifestanti che, a Manchester, sono scesi in piazza in nome di "Palestina libera". Ma questa è solo una delle tante sfilate che stanno intrattenendosi per le piazze di Europa e di America da quando i terroristi di Hamas hanno cominciato a lanciare razzi iraniani sui civili israeliani e il governo di Gerusalemme, guarda un po', ha risposto con le armi. Nella manifestazione di Manchester non saranno mancati i militanti se non i dirigenti dei Labour, partito che con la gestione Corbyn si è macchiato di atti e parole antisemiti. Ma in genere è proprio tutta la sinistra mondiale che è scesa in piazza, virtualmente o fisicamente, a protestare contro Israele, quindi di fatto a sostenere le ragioni di Hamas, senza rendersi conto, o quasi, come ha scritto su queste colonne Giovanni Sallusti, che l'agenda islamista non coincide esattamente con quella politicamente corretta. Che novità, si chiederà il lettore. In effetti, noi che abbiamo di poco superato il mezzo secolo, non ricordiamo un tempo in cui non girassero le Kefiah, tra l'altro esteticamente discutibili. Ma attenzione, c'è una novità e non è positiva. Fino a non pochi anni fa, a urlare contro Israele era soprattutto la estrema sinistra cosiddetta radicale, mentre i partiti socialisti o di centro sinistra, sempre tendenzialmente pro palestinesi, erano molto più attenti a trovare soluzioni realistiche ed equilibrate.

 

 

LETTA CONTINUA
Oggi invece il pesce cattivo si è mangiato quello che lo era meno: e, toni a parte, tutta la sinistra è ora schierata sulle posizioni "Free Palestine". Due esempi. Enrico Letta che chiede alla Ue (non all'Italia, lui non si sente italiano) di intervenire contro Israele. Poi i dem americani, da sempre filo israeliani, anche perché la comunità ebraica Usa è tendenzialmente a sinistra, oggi invece schierati nettamente per le ragioni dei palestinesi: proprio nel conflitto aperto dai missili dei terroristi islamisti contro donne e bambini. Se prima potevamo dire che solo gli estremisti odiavano Israele, ora dobbiamo riconoscere che è la sinistra tutta, anche quella moderata e riformista (qualsiasi cosa voglia dire questa parola) ad esserlo. In genere si tende a spiegare il sorgere dell'antisemitismo a sinistra con la percentuale di islamici tra i suoi militanti: nel Regno Unito, in Belgio, in Olanda, ormai vi prevalgono di gran lunga. È una spiegazione empiricamente corretta, soprattutto per determinati partiti come il labour in cui l'antisemitismo è cosi in evidenza. Ma che non tiene conto della storia della sinistra, tutt' altro che una vicenda edificante di sostegno agli ebrei.

 

 

RADICI PROFONDE
Lasciando da parte che i primi socialisti all'inizio dell'Ottocento erano antisemiti (pensiamo a Charles Fourier) tanti storici recentemente hanno mostrato come la sinistra sia stata fredda se non ostile prima alla questione ebraica poi allo stesso Israele (da ultimo per l'Italia, basta leggere il libro di Alessandra Tarquini, "La sinistra italiana e gli ebrei"). Sta quindi nel dna della sinistra se non l'odio, la scarsa simpatia per Israele. Gerusalemme è rea durante la guerra fredda di essersi schierata con gli Usa contro l'amata Urss, rea di aver edificato una democrazia borghese in mezzo a regimi che si definivano (ed erano) "socialisti", rea soprattutto di avercela fatta. Mentre la sinistra voleva tenere gli ebrei nell'eterno stato di vittime, quando questi si sono emancipati, hanno abbandonato il ruolo passivo, sono diventati protagonisti, allora i progressisti hanno cominciato a guardarli con minore simpatia. Per la sinistra, infatti, l'unico ebreo buono è quello morto oppure quello che si fa ammazzare: se reagisce legittimamente, come Israele in questi giorni, diventa un carnefice.

 

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