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Mario Draghi, perché Lega e Forza Italia sono i migliori amici del premier: la nuova mappa dei rapporti

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Dopo averlo accolto con scarso entusiasmo all'inizio dell'avventura (Matteo Salvini e Antonio Tajani fuori dalla squadra, ministeri non proprio di primo piano agli altri leghisti e forzisti), Mario Draghi dovrebbe aver capito che il centrodestra è la cosa migliore che sia capitata al suo governo. Perché tutti gli altri sono peggiori, se non altro. Fosse stato nelle mani dei soli giallorossi o di una "coalizione Ursula", come sognava chi sperava in una replica del governo Ciampi, a quest' ora maggioranza ed esecutivo si sarebbero trovati con un piede e mezzo nella fossa. 

 

Il Partito democratico sta creando solo problemi. Qualunque cosa si pensi nel merito della legge Zan, l'effetto è quello descritto da Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega a palazzo Madama: è «una bomba politica, non si può governare tutti insieme e poi azzuffarsi su questo testo». Fosse solo questo. Sotto attacco c'è molto di più, a partire dalla politica economica del governo, decisa dallo stesso Draghi. Al tentativo di imporre la tassa di successione, respinta dal premier, ora segue il diktat sui consulenti di palazzo Chigi. Carlo Stagnaro, del pensatoio liberista Bruno Leoni, e Riccardo Puglisi, un altro che preferisce Margaret Thatcher a Maurizio Landini, non so no ritenuti idonei ad entrare nel Nucleo tecnico per il coordinamento della politica economica di palazzo Chigi, a causa delle loro idee. 

La loro nomina è «una scelta incomprensibile», ha sentenziato Peppe Provenzano. Il quale non è un peone senz' arte né parte, ma il numero due del Pd, l'uomo che presidia le barricate per conto di Enrico Letta. Siamo davanti a una mossa del segretario contro le scelte di Draghi, insomma, sebbene fatta, per convenienza e ipocrisia, dal suo braccio destro. Giuseppe Conte, sul cui aiuto Letta confida per le comunali di Napoli e Bologna e col quale vuo le allearsi alle elezioni politiche, ha proprio Draghi come principale avversario. Sia che divenga davvero capo del movimento Cinque Stelle, sia che lo lasci per dare vita a una nuova formazione, nella quale imbarcare i grilli ni che non sarebbero ricandidati a causa del tetto di due mandati, lo farà allo scopo principale di creare nuovi problemi al governo.

 

Zuccheroso nei confronti di Draghi è invece il rivale interno di Conte, Beppe Grillo, e il motivo è ovvio: ai suoi referenti di Pe chino il M5S serve lì, al governo, ben rappresentato al ministero degli Esteri. Non a caso, il punto più violento dello scontro tra Grillo e Conte è sul fatto che il primo pretende di restare «rappresentante internazionale del movimento nel mondo», cioè capo della politica estera del M5S, per la gioia dell'ambasciatore cinese a Roma. Per paradosso, più responsabile nei confronti del governo e del Paese si sta dimostrando Giorgia Meloni, con la sua opposizione concreta e poco ideologica. Ennesima conferma della bontà del vecchio detto: dagli amici miguardi Iddio...

 

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