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Afghanistan, roba che neanche l'Urss. Tutti gli errori dell'Occidente: perché il ritiro da Kabul è diventato un disastro

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Dario Rivolta
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Quale sarà negli anni a venire la definizione corretta per quanto accade in questi giorni in Afghanistan: «ritirata», «sconfitta», «fuga», «disfatta», o soltanto «vergogna»? Ciò che già possiamo dirci, sin da oggi, è che, se la partenza delle truppe americane e Nato era giusto si ordinasse, il modo in cui è stata attuata è solo l'ultimo degli errori di una guerra che ebbe condivisibili ragioni per cominciare, ma è stata poi continuata con superficialità e incompetenza. Ora si colpevolizza, giustamente, Biden quando le immagini televisive ci mettono sotto gli occhi il risultato della sua improvvida decisione: migliaia di afghani terrorizzati pronti a rischiare di essere uccisi nella calca per giungere all'aeroporto, persone disperate che si attaccano alle scalette degli aerei in partenza o perfino alle ali e non le mollano nemmeno nel momento del decollo, prospettiva di violenze di ogni genere contro donne e bambine, truppe di talebani festeggianti che entrano nelle città senza colpo ferire, il presidente che fugge dal Paese poche ore dopo aver annunciato che Kabul «resisterà»...

 

 

SAIGON NON C'ENTRA
Perfino un giornale americano tradizionalmente vicino ai democratici, The Atlantic, scrive: «Questo tradimento vivrà nell'infamia e il peso della vergogna ricadrà sul presidente Joe Biden». Assolutamente condivisibile, ma il paragone che qualcuno fa con Saigon e la debacle in Vietnam non è appropriato. Dopo la partenza dei soldati americani il governo del generale Van Thieu durò ancora due anni prima di dover cedere tutto ai vietcong. Nemmeno l'andarsene dei sovietici nel 1989 è comparabile. Le loro truppe ci misero nove mesi a lasciare definitivamente il territorio afghano e la loro ritirata fu organizzata nei minimi particolari. Il governo afghano che lasciarono a Kabul resistette ad una guerra civile fino all'aprile del 1992 e non cadde per mano dei soli talebani ma trattò anche con il famoso generale Massud che occupava tutta la parte nord del Paese. Gli eventi di questi giorni fanno dunque storia a sé e, mentre la maggior parte degli analisti cerca (comprensibilmente) di prevedere quanto potrebbe succedere e come si comporteranno i nuovi "padroni" del Paese, credo sia altrettanto utile, se non perfino di più, capire cosa sia andato storto e come sia stato possibile, dopo venti anni di combattimenti tra le truppe più armate del mondo e un gruppo di scalcagnati guerriglieri, che i primi se ne vadano con la coda tra le gambe e i secondi vedano ingrossarsi le proprie fila ogni giorno che passa.

 

 

TORME DI DISPERATI
Una cosa importante da sottolineare è che le immagini trasmesse dalle televisioni di tutto il mondo che inquadrano torme di disperati che cercano di imbarcarsi su un qualunque aereo danno, comprensibilmente, un'immagine fortemente negativa non solo degli americani ma di tutta la Nato e, di conseguenza, di tutti noi occidentali. Nessuno può negare che chi comanda nella Nato siano proprio gli americani e che loro erano a capo delle operazioni militari e impartivano le disposizioni agli alleati su come comportarsi con il governo locale, cosa fare, dove e cosa finanziare, ecc. Tuttavia, erano presenti tutti i membri dell'Alleanza ed è naturale che il mondo guardi a chi c'era come ad un'unità politica accomunando tutti nello stesso giudizio. Certo i nostri competitor, massime i cinesi, saranno felici di alimentare questa immagine negativa e già da Pechino c'è stato chi ha invitato a osservare che «gli occidentali sanno solo distruggere senza costruire, mentre noi andiamo negli altri Paesi solo per costruire». Prima di enumerare tutti gli errori fatti dalla gestione americana del dossier Afghanistan è comunque bene ricordare anche ciò che di buono è accaduto alla popolazione durante questi vent' anni: la mortalità infantile si è addirittura dimezzata, gli anni di frequentazione scolastica sono aumentati dando istruzione a ben tre milioni e mezzo di ragazze (nonostante circa due milioni ancora non frequentino), il numero dei laureati è decuplicato e molte donne hanno un'occupazione dignitosa in settori privati o pubblici. L'aspettativa di vita per le donne è cresciuta di almeno dieci anni, c'è una certa diffusione di telefoni portatili e di computer privati e questo, assieme al moltiplicarsi dei media indipendenti, ha offerto un'apertura sui fatti del mondo. Purtroppo, non si può sapere quanto di tutto ciò resterà sotto il governo dei Talebani che si basa solamente su una misera lettura della Sharia. Tuttavia, anche per questi fanatici non sarà facile cancellare molte delle abitudini e della cultura aperta che, almeno nelle città, ha permeato gli animi di molti uomini e donne.

ASPETTATIVE DELUSE
Riflettiamo, però, sugli errori commessi e sul perché una vittoria militare e politica (mantenuta tra il 2001 e il 2005) si è poi tramutata in una totale disfatta. Quando la guerra cominciò e le truppe della Nato cacciarono i talebani da Kabul nacque un atteggiamento generalmente positivo tra tutta la popolazione. Le aspettative degli afghani verso una vita più libera e di maggior benessere furono tante e i soldati stranieri furono considerati più come dei "liberatori" che degli "invasori". Anche i Talebani compresero di essere stati sconfitti e tra il 2002 e i 2004 chiesero più volte al Presidente eletto Karzai di essere associati al governo del Paese, seppur come forza minoritaria. Karzai lo chiese agli americani, ma l'allora Segretario alla Difesa Donald Rumsfeld fece sapere, addirittura attraverso una conferenza stampa (sic!), che non se ne parlava nemmeno. Fulì il vero inizio della fine.

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