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Centrodestra, ecco perché è molto più unito di quel che sembra: dietro le quinte dell'alleanza

Corrado Ocone
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E Sarà per la vicinanza delle amministrative, sarà per il tentativo nemmeno tanto velato di eleggere al Quirinale un proprio uomo, fatto sta che gli attacchi a Matteo Salvini si sono intensificati negli ultimi giorni da parte del Pd, soprattutto per bocca del suo segretario. A ruota sono seguiti i giornali e i media in genere, che, come è noto, sono in ampia maggioranza, e non da oggi, orientati a sinistra. L'operazione si svolge lungo una doppia direttrice, per così dire: da una parte, si distingue una destra che sbaglia ma con cui si può dialogare, quella dei Fratelli d'Italia (significativa la cordialità usata da Letta nei confronti di Giorgia Meloni alla recente presentazione di un libro); dall'altra, si cerca di separare una Lega "buona", che farebbe capo ai governatori del Nord e ai ministri (in prima fila Giancarlo Giorgetti), da un'altra "cattiva" che risponderebbe direttamente al leader leghista oltre che ai vari Borghi, Bagnai e "sovranisti" vari. 

 

LA LEADERSHIP
Succede così che due elementi indubbiamente reali, cioè la legittima competizione per la leadership del centrodestra e la normale dialettica interna a un partito di governo (fra l'altro limitata ad un singolo per quanto importante aspetto della nostra vita civile, cioè la politica vaccinale), siano estrapolati ed esasperati fino ad avvalorare l'immagine di un Salvini isolato e pronto addirittura ad essere messo in disparte dal voto o da un non ben definito prossimo congresso di partito. Tante volte si è discusso, anche su queste colonne, sulla necessità che una sinistra, essa sì divisa e in cerca di un'identità, ha di costruirsi un Nemico e di concentrare il suo fuoco su di esso e dividerlo. La questione però andrebbe vista anche dalla prospettiva opposta, chiedendoci cosa possa fare la destra per scansare l'attacco e non giocare, come spesso avviene, di rimessa spiegando e giustificando. Se l'obiettivo è davvero quello di governare insieme una volta che il voto politico, anticipato o no poco importa (siamo comunque nella parte finale della legislatura), avrà sancito quella maggioranza nel Paese che oggi tutti i sondaggi attestano, c'è un solo modo per scansare gli equivoci sobillati ad arte nell'elettorato: aprire da subito dei tavoli di lavoro e programmatici che coinvolgano i più significativi dirigenti dei tre partiti, ma anche gli esponenti delle varie aree culturali e di tutte le sensibilità che compongono il pluriverso arcipelago del centrodestra. 

 

Allargandosi, possibilmente, anche a quegli esponenti della società civile che mai voterebbero a sinistra. Sviluppo, tassazione, innovazione, un'idea di formazione, politiche dell'istruzione e della ricerca, politiche giovanili, regolamentazione dei flussi migratori, posizionamento europeo e internazionale dell'Italia: i temi su cui il centrodestra può mettere in campo idee e politiche comuni, realistiche e fattibili, non velleitarie ma radicalmente opposte a quelle della sinistra, sono tanti. Ed esso potrebbe fare anche tesoro, a livello nazionale, di tante best practicies amministrative sperimentate nelle regioni in cui si governa da anni. Sarebbe un modo, anche, per non limitarsi agli slogan, né per vivere alla giornata dando l'impressione di seguire i sondaggi e senza un'organicità e costanza divisione. Si mostrerebbe anche, agli osservatori esterni, di non essere estremisti "populisti" in cerca di avventure. E si darebbe sicurezza al proprio elettorato che teme che, una volta al governo, si possano non avere le idee chiare su cosa fare e su come far tesoro di quanto realizzato con Draghi. 

SINTESI
Probabilmente, alla fine del percorso non si raggiungerebbe un risultato pieno. Intanto, l'obiettivo che si porterebbe a casa, immediato per quanto simbolico, sarebbe evidente: l'immagine di una coalizione coesa: che sa discutere anche animosamente ma che sa anche trovare un punto di sintesi sulle idee e non solo sul potere, come si insinua maliziosamente a sinistra. A quest' ultima si spunterebbero in questo modo le armi. Più in generale, si darebbe un contributo al Paese che fra le tante emergenze da risolvere ha anche quella di ridare lo scettro alla politica rappresentativa, e cioè ai partiti e a chi li rappresenta in Parlamento alternantesi in una normale dialettica democratica.

 

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