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Vittorio Feltri, bordata contro Luigi Di Maio: è convinto che le donne non contino un tubo. Perché si deve vergognare

Vittorio Feltri
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Giovedì scorso ho visto su "LA7" il programma L'aria che tira, condotto magistralmente da Myrta Merlino. L'ospite principale era Luigi Di Maio, a sua insaputa ministro degli Esteri. Il quale, intervistato, ha detto meno sciocchezze del solito e, aggiungo, non ha neppure sbagliato un congiuntivo, segno di una sua evoluzione culturale da non sottovalutare. Però una ca volata gli è uscita di bocca e vorrei fargliela notare, visto che è sfuggita anche alla illustre conduttrice. Egli a un certo punto ha sostenuto che è necessario rivalutare le retribuzioni delle donne che purtroppo sono inferiori a quelle destinate agli uomini. 

 

E questa è una sacrosanta balla, chiunque sa o dovrebbe sapere che le paghe, per effetto dei contratti nazionali, sono identiche per tutti, maschi o femmine che siano. Alcuni esempi che dimostrano la veridicità della mia asserzione. I magistrati, categoria privilegiata, ricevono a prescindere dal sesso gli stessi compensi non indifferenti. Gli insegnanti, pure. Gli impiegati, i funzionari pubblici in genere, prendono a fine mese il medesimo stipendio. Nessuna differenza. E che dire dei bancari? Un lui o una lei incassano una cifra identica. Così accade per i medici, non c'è una signora che, a parità di grado, guadagni meno di un signore. 

Non c'è da discutere, questa è la realtà italiana da molti anni, cioè da quando sono state eliminate le gabbie salariali oltre alle discriminazioni sessuali. Anche nei settori privati vale la regola dell'uguaglianza tra generi. I giornalisti e le giornaliste hanno medesima retribuzione, praticamente sono equiparati ai poliziotti da tempo, mentre in un passato non lontanissimo erano remunerati alla grande. Non c'è dubbio, in molte aziende la classe dirigente è ancora prevalentemente maschile, la quale pertanto riceve più soldi rispetto alle femmine. Ma questo è dovuto al fatto che molte donne non sono ancora riuscite, per vari motivi, tra cui la maternità, a sfondare in certe professioni. Non si può obbligare un industriale a scegliere per posizioni apicali persone che non ritiene idonee. 

 

La nomina dei capi spetta ai padroni del vapore e non ai partiti, i quali non valutano un dipendente in base alla gonna o ai pantaloni, ma al proprio interesse. Se il candidato a ricoprire un posto di responsabilità è affidabile lo assumono senza badare se è maschio o femmina. Queste cose chi fa parte del governo dovrebbe saperle, Di Maio invece non le sa. È ancora convinto che lui vale mentre lei non conta un tubo. Vergogna.

 

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