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Mario Monti, l'ultima presa in giro dell'ex premier agli italiani: come lo inchioda Senaldi

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Gino Coala
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Allarme, è tornato. Il professor Mario Monti ha scritto ieri l' editoriale del Corriere della Sera, muovendo le sue critiche alla politica del governo rispetto all' Unione Europea. In breve, l' ex premier sostiene che l' Italia sbaglia a far la voce grossa sugli immigrati perché così facendo si isola rispetto a Germania e Francia, le quali potrebbero essere tentate di sostituirla con la Spagna come interlocutore privilegiato. Viene anche criticato l' avvicinamento «all' austroungarico» Orbán, che oggi incontrerà il ministro Salvini, quasi il leader ungherese avesse la peste e non appartenesse al Ppe, il partito della Merkel. Infine, contesta al governo di volersi riposizionare nella Ue senza averlo concordato con nessuno. Leggi anche: Monti a In Onda, la vergogna in diretta da Parenzo: "Forse Salvini non lo sa..." / Video Faccio appello alla proverbiale autoironia del professore e mi permetto un paio di considerazioni. Innanzitutto, quando egli discetta di Unione dalle colonne del Corriere, tremo. Il mio pensiero corre all' autunno del 2011: allora i suoi dotti editoriali europeisti gli spianarono la via di Palazzo Chigi a danno del Cavaliere, sfrattato violentemente in omaggio ai voleri di Berlino e Parigi e con la complicità della sinistra. Grazie a Dio, il Pd, che lo sostenne con Forza Italia, oggi non rappresenta né un avversario credibile né un' alternativa valida. Tuttavia il terrore che il film si ripeta, con nuove tasse sulla casa, aumento dell' Iva, stretta sulle pensioni e patrimoniali imposte dall' Unione resta vivo in me. Ricordo infatti che l' aumento del debito pubblico e la crescita più bassa e tardiva nell' Unione non la dobbiamo al governo Lega-M5S, ma a Monti e ai premier che l' hanno seguito, temporalmente e nell' approccio con i conti e con Bruxelles. Ma entriamo nello specifico: mi chiedo se quando scrive che sarebbe il momento buono per l' Italia per provare a dialogare da pari a pari con Francia e Germania, il professore ci sia o ci faccia. Ai suoi tempi, con i nostri euro avevamo appena contribuito a rimettere in sesto i conti delle banche tedesche, distrutti da speculazioni sbagliate, e avevamo appena pagato dazio a Sarkozy, saziando le sue bramosie regalandogli mezza Libia. Eppure, quando abbiamo bussato alle porte dell' Europa perché ci aiutasse a rimettere in ordine i nostri istituti di credito, essa ci ha risposto che avevamo presentato domanda tardi, come se si trattasse dell' iscrizione a un concorso a premi e non una richiesta a un' Unione solidale tra Stati. Quando erano forti, Berlino e Parigi ne hanno approfittato per azzannarci al collo, perché dovrebbero soccorrerci ora che hanno i loro problemi in patria? CHI STA CON CHI Monti giudica l' immigrazione una questione importante, ma non l' unica. Resta però una cartina di tornasole. È noto che chi sbarca in Italia punta a lasciarla per spingersi più a Nord, ma se Francia e Germania non ci aiutano a sistemare 150 eritrei dopo che abbiamo ridotto di più del 50% gli sbarchi, e quindi i potenziali clandestini in tutta Europa, come possiamo aspettarci sostegno per questioni più complicate? Forse è il caso di ribaltare il punto di vista: l' Europa si sta squagliando, lo dicono tutti. A chi la comanda, e da essa trae i maggiori vantaggi, la scelta: arroccarsi fino a spaccarla o dialogare. Al momento, la linea dura del governo sull' immigrazione paga: se non altro, gli scafisti hanno iniziato a puntare la maggior parte dei gommoni verso la Spagna anziché verso la Sicilia. Per ora, la sostituzione di Roma con Madrid paventata da Monti è vantaggiosa. Quella che però non va giù al professore è la sostituzione nella ricerca del dialogo da parte dell' Italia dell' asse Parigi-Berlino con quello Vienna-Budapest senza che nessuno lo abbia deciso né votato. A parte che l' euroscetticismo di Lega e M5S era noto a tutti anche prima del 4 marzo, liquiderei il rimprovero del bocconiano rammentandogli che nessun italiano aveva scelto neppure lui, tantomeno votato, e che pure ce lo siamo ritrovato prima a Palazzo Chigi e poi in Parlamento a vita. L' EST NON È EUROPA? È poi inaccettabile che l' intellighentia democratica europea possa trattare Ungheria, Polonia e Austria con un disprezzo che non ha mai riservato neppure ai regimi islamici più feroci solo perché hanno governi che non le aggradano o che preferiscono Salvini a Martina e Gentiloni. Se l' Est è ancora considerato come l' Impero Austro-Ungarico, perché l' Europa si è precipitata ad allargare a esso i propri confini? I casi sono due: o l' Unione è un insieme di nazioni solidali, e allora, dai migranti alle banche, quando uno è in difficoltà lo aiutano tutti, oppure è un far west dove si combatte una guerra per bande, e allora è lecito che ognuno stia con chi gli pare. Su una cosa il professore ha ragione: la Ue di Francia e Germania sta lavorando per creare intorno a Salvini e a questo governo un cordone sanitario che li isoli. Sono i sussulti violenti e reazionari di un' organizzazione sfilacciata che non riesce a darsi la missione per la quale nacque. Possono fare male, ma non per questo il progetto salviniano di tentare una soluzione alternativa e allargare davvero l' Europa agli Stati dell' Est come interlocutori e non come membri senza diritto di parola non ha dignità o è destinato al fallimento. Chiudo con un aneddoto. Pochi giorni fa i giornali hanno festeggiato l' uscita della Grecia dal commissariamento europeo dopo sette anni drammatici: operazione riuscita, si è detto, omettendo di specificare che però il malato è morto. Al professor Monti stupirà sapere che ho un amico fraterno, Nicola Crocetti, editore della rivista Poesia, al quale a maggio la Grecia ha conferito la massima onorificenza culturale alla presenza del presidente della Repubblica. Al rinfresco c' erano solo aranciata e acqua minerale perché, ha spiegato il capo dello Stato ellenico al mio colto amico, «qui da che comanda l' Europa non abbiamo neppure i soldi per offrirti una tartina». di Pietro Senaldi

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