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Busta paga, l'elemosina di Letta

Enrico Letta

Ecco i primi stipendi col taglio del cuneo: pochi euro in più al mese, spesso mangiati da altre tasse / Scarica e consulta le tabelle con le cifre

Andrea Tempestini
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Non aprite quella busta (paga). Ricordate il taglio del cuneo fiscale? In sostanza a cominciare dallo stipendio di gennaio avremmo dovuto incassare qualche soldino in più. Una riduzione delle imposte sul lavoro (cuneo fiscale) sbandierato e difeso (in diretta Tv) dal presidente del Consiglio Enrico Letta? («Solo 14 euro in più al mese? Cifra inventata per farci male», aveva spergiurato Letta replicando serafico a Lilli Gruber a fine ottobre). Cosa cambia in busta paga Scarica e consulta la tabella Tre mesi dopo gli italiani frugano nei cedolini per scoprire che i famosi 14 euro al mese sono appannaggio esclusivo di chi oggi ha un imponibile lordo di appena 20mila euro l'anno. Anzi, neppure. Il massimo dell'aumento che si incasserà (spalmato su 13 mensilità), è di 12,448 euro al mese (per 13 mensilità si arriva appunto a 168,05 euro l'anno). Per tutti gli altri, solo spiccioli. O addirittura un ammanco. Così poco vale il taglio del cuneo che ha provocato mesi di turbolenza nel governo, scosse pericolose nei conti pubblici e più di qualche emicrania ai signorotti dei numeri residenti a Bruxelles e a Francoforte. Stima nazionale per scaglioni di reddito Scarica e consulta la tabella Libero ha chiesto alla Fondazione studi dei Consulenti del lavoro di simulare la busta paga di tre «lavoratori tipo» (suddivisi per classi di reddito: 20, 35 e 50mila euro lordi), del Lazio e della Lombardia.  Peccato che a conti fatti salti fuori una mancetta di pochi euro. Rosario De Luca, che della Fondazione è il vulcanico presidente, non ha dubbi: «Sono conti precisi al centesimo, non si sbaglia». Del resto i consulenti del lavoro fanno proprio questo per attività e quindi non sono sospettabili di partigianeria. Regioni ingorde Il paradosso è che l'iniziativa «taglia cuneo» nasce con un peccato originario, anzi due. Si applica a una platea infinita (milioni di lavoratori) e con una dote finanziaria assai modesta (appena 3,5 miliardi). In più, spiega sempre De Luca, «non si è provveduto a sterilizzare l'effetto perverso delle addizionali locali. E così non solo l'intervento non porta alcun beneficio, ma fa addirittura scendere il reddito disponibile di quasi 200 euro». Ma in questo caso la colpa non è né del governo né di Letta, ma dei governatori (o dei sindaci), che aumentando il prelievo regionale erodono ulteriormente la busta paga. Come il Lazio, ad esempio, che dal 1 gennaio - per aggiustare i conti malmessi della sanità - ha aumentato l'addizionale regionale. Redditi bassi penalizzati Se gli esempi di Lazio e Lombardia lasciano probabilmente l'amaro in bocca a chi sperava di potersi permettere da quest'anno la «pazzia» di una cena fuori in un ristorante non troppo pretenzioso, c'è poco da stare allegri se si rientra nelle fasce di reddito più basse. Il meccanismo individuato, infatti, non premia in maniera inversamente proporzionale  chi ha meno reddito. Con la bizzarra conseguenza che chi guadagna meno di 850 euro al mese porterà a casa pochi spiccioli in più al mese (forse 3 o 4 euro), per un totale di appena 44,60 euro all'anno. Proprio la stessa cifra che avrà a disposizione il lavoratore considerato un «riccone», che sulla busta paga potrà contare su un aumento (per effetto del taglio del cuneo) di 44,22 euro all'anno. De Luca non può far altro che cristallizzare una realtà contabile evidente. «Quando va bene, il lavoratore che rientra nel taglio del cuneo potrà contare su un aumento del reddito netto di appena 10, massimo 15 euro al mese. Sempre che non intervengano variazioni delle imposte locali (regionali o comunali). E allora l'effetto sarà di veder crescere la disponibilità virtuale, ma poi la busta paga scenderà. Se vogliamo possiamo sdrammatizzare ipotizzando una maggior disponibilità economica per permettersi forse una pizza e una birra, una volta al mese, e neppure in un locale troppo caro», ironizza. De Luca non ha dubbi: «Si sapeva sin dall'inizio i risultati di questo intervento, vista l'esiguità delle risorse, sarebbero stati questi», ammette sconsolato, «ma devo continuare a suggerire che se si tagliassero di più i costi pubblici improduttivi (come authority, enti inutili o quelli della politica), ci sarebbe da distribuire qualcosina in più». Magari poi sterilizzando le voraci leve fiscali degli amministratori locali. di Antonio Castro

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