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Sigarette, nuovo aumento dei prezzi? Boom del contrabbando: cosa sta succedendo in Italia

Matteo Legnani
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Da ieri, fumare costa (ancora) un po’ di più. Dopo gli aumenti di un mese fa, che avevano riguardato alcune marche di sigarette, sigari e tabacco trinciato, è toccato ora a ben 46 marchi di “bionde” il cui prezzo è lievitato, secondo quanto dichiarato dall’Agenzia delle Entrate, in seguito all’istanza presentata da un produttore e importatore all’Adm (Agenzia Monopoli e Dogane) ad alzare i prezzi per non creare disparità. Dunque gli aumenti che i consumatori dovranno accettare da oggi, riguardano quelle marche di sigarette che non erano ancora state colpite dai ritocchini di marzo. Ecco alcuni dei nuovi prezzi a pacchetto: le MS classiche, rosse e bionde arrivano a 5,40 euro, le bianche a 5,50 euro; le Lucky Strike a 5 euro e 30; le Rothmans a 5 euro e 20; le Kent a 6,50 euro; le Dunhill a 6,40; Le Vogue a 5,50; le Esportazione a 6 euro e così le Lido. L’aumento medio (il secondo ritocco da inizio anno) è di circa 20 centesimi a pacchetto. Tre quinti di quanto speso dal consumatore vanno allo Stato, sotto forma di accise e un’altra parte ancora sempre all’erario sotto forma di IVA. La parte rimanente è quella che va a tabaccherie e produttori.

OBIETTIVI
L’obiettivo pare essere quello di voler rendere la vita impossibile ai fumatori, ma la realtà è che, dopo i divieti imposti in alcuni edifici e luoghi pubblici, ad essere colpito in questi ultimi anni è stato il portafoglio dei fumatori a vantaggio dell’erario. Con rarissime eccezioni (tra le quali quella del primo governo Berlusconi) a partire dagli anni ’90 tutti o quasi i governi hanno ritoccato le accise sui tabacchi, con il prezzo medio del pacchetto che ha toccato la soglia dei 5 euro per la prima volta sotto l’esecutivo guidato da Enrico Letta, nel 2013. Stando alla media dei prezzi odierni, coloro che fumano un pacchetto di sigarette al giorno arriveranno a spendere 180 euro al mese. E se è vero che l’aumento del prezzo costituirebbe, secondo l’Oms, la misura più efficace per indurre i fumatori a togliersi il vizietto, è altrettanto vero che in Francia (il Paese europeo che ha oggi, forse, la normativa più stringente in tema di fumo) l’aumento dei prezzi dei pacchetti è stato accompagnato da un sensibile allargamento dei divieti.

 

 

Ad oggi, in Francia, non si può fumare in spiaggia, nei giardini pubblici, nei parchi e nei luoghi pubblici come le scuole. Alcune località sciistiche transalpine, nell’inverno che si è appena concluso, avevano anche imposto il divieto sulle piste. Insomma, Oltralpe sono già molto vicini a quel che da anni accade in alcuni degli Stati americani (come la California), dove non si può fumare se non tra le mura domestiche. Il governo di Parigi ha anche fissato gli aumenti dei prezzi per i prossimi due anni, quando un pacchetto arriverà a costare un minimo di 12 euro nel 2025 e di 13 euro nel 2026. Vedremo se anche l’Italia imboccherà quella strada. Quel che è certo, da noi, è che i continui aumenti dei prezzi hanno fatto e stanno facendo la fortuna (oltre che dello Stato) dei contrabbandieri, rimettendo il vento in poppa a un traffico che, dopo il boom del dopoguerra fino agli anni ’70 e ’80, era sembrato imboccare un declino irreversibile.

 

 

DOMANDA
La “spia” di quanto le bionde di contrabbando siano richieste dai consumatori per sfuggire agli aumenti di quelle smerciate in tabaccheria, sono i sempre più frequenti sequestri. Lo scorso 1 febbraio ben 5 tonnellate di sigarette sono state sequestrate nel porto di Bari, dopo essere state trovate dall’Agenzia delle Dogane a bordo di alcuni tir appena sbarcati da un traghetto proveniente dall’Albania. Il 23 febbraio la Finanza ha colpito a Trieste, rinvenendo tre quintali di bionde illecitamente importate all’interno di armadietti e letti-contenitori appena sbarcati con un camion da una nave. Il 15 marzo oltre due tonnellate, che avrebbero fruttato guadagni per 300mila euro, sono state sequestrate nel Napoletano. L’impatto degli aumenti sul numero dei fumatori, invece, è stato relativamente modesto: nel 2022, secondo dati dell’Istituto Superiore di Sanità, il 24, 2% degli italiani si dichiarava ancora fumatore, con picchi oltre il 27% in Campania e Umbria. Il consumo medio giornaliero era di circa 12 sigarette, ma 22 fumatori su 100 ne consumavano più di un pacchetto.

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