A giugno il commercio tra l’Italia e i Paesi extra Ue è tornato a crescere. A dispetto delle previsioni funeree le esportazioni italiane sono salite del 6% rispetto al mese precedente, mentre le importazioni sono aumentate del 5,1%. Balzano all’occhio soprattutto gli scambi con gli Stati Uniti. Le esportazioni italiane verso gli Usa sono cresciute del 10,3% rispetto allo stesso mese del 2024, segno che i prodotti italiani continuano a piacere e a trovare spazio sul mercato americano nonostante l’apprezzamento dell'euro e i dazi in vigore lo scorso mese al 10% lo scorso mese.
Ma è ancora più impressionante è l’aumento delle importazioni italiane dagli Stati Uniti, cresciute addirittura del 45,7%. Questo significa che l’Italia ha acquistato molto di più dagli Usa, probabilmente anche a causa dell’aumento dei prezzi o della domanda di prodotti tecnologici e industriali americani. Senza contare l’import energetico, con l’arrivo delle prime metaniere piene di gas naturale liquefatto proveniente proprio dagli States.
Nel complesso, l’Italia ha esportato di più anche verso altri mercati come la Svizzera (+18,4%) e la Gran Bretagna (+8,1%), mentre ha venduto meno in Paesi come la Turchia, il Sud America e la Cina. Anche le importazioni sono aumentate da quasi tutti i grandi mercati, con la sola eccezione dell’Opec (che include i principali esportatori di petrolio), la Svizzera e il Regno Unito.
Nonostante la buona performance dell’export, il saldo commerciale è un po’ peggiorato rispetto all’anno scorso, ma l’Italia ha comunque chiuso con un bilancio positivo di oltre 5 miliardi di euro lo scorso mese, in calo rispetto agli oltre 6 miliardi registrati a giugno di un anno fa. A pesare è stato soprattutto il maggior costo dell’energia, che ha aumentato le spese per le importazioni.
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Anche guardando ai primi sei mesi dell’anno, le vendite italiane fuori dall’Europa sono in leggero aumento, ma gli acquisti crescono ancora di più. Il risultato è un calo dell’avanzo commerciale complessivo: da oltre 32 miliardi nel primo semestre 2024 a circa 24,4 miliardi nel 2025. Proprio quest’ultimo numero ha spinto il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, responsabile anche per il commercio internazionale, «a proseguire con la strategia del nostro Piano Export per diversificare i mercati di sbocco per i nostri prodotti. Stiamo attivando tutti gli strumenti per accompagnare le imprese all’estero», aggiunge, e «bisogna rafforzare il Piano Export in tutti i mercati in cui c’è spazio per l’Italia. Abbiamo effettuato in questi mesi missioni con le aziende in Paesi ad alta crescita come il Brasile, l’India e il Messico. Dobbiamo continuare a lavorare per potenziare la partecipazione alle grandi fiere internazionali e la ricerca di nuovi buyer curata da Agenzia Ice. Vogliamo far conoscere alle Pmi i nuovi fondi di finanza agevolata gestiti dalla Simest. E puntiamo anche ad estendere la Push Strategy della Sace che si sta rivelando molto efficace per aprire nuovi mercati per le nostre aziende».
SISTEMA PIÙ FORTE
Insomma, alla fine il sistema Italia e il made in Italy si dimostrano più forti di quanto le previsioni sulle tempeste mondiali lasciassero supporre. Con una guerra nel cuore dell’Europa e i nuovi equilibri in formazione per i ripensamenti Usa sull’Alleanza atlantica. «Gli ultimi dati sul commercio con l'estero e il rendimento del debito pubblico ci dicono che, nonostante le turbolenze dell’economia globale, l'Italia risulta oggi molto attrattiva per i consumatori e gli investitori stranieri: è un porto sicuro, affidabile e resiliente, grazie a un dinamismo di fondo che il governo Meloni sta valorizzando al meglio», sintetizza in una nota il presidente della Commissione Finanze della Camera e responsabile economico di Fratelli d’Italia Marco Osnato commentando la discesa dello spread Btp-Bund sotto agli 80 punti-base e i dati Istat sul commercio estero extra Ue. «Si tratta di numeri congiunturali, che non possono farci abbassare la guardia ma confermano una tendenza precisa: l'Italia non è più la cenerentola d'Europa, come l'aveva ridotta chi era abituato a sprechi e sussidi», aggiunge Osnato.