Lì, oltre la linea di Kármán, posta a circa 100 chilometri di distanza dalla superfice terrestre, giuridicamente possiamo individuare l’inizio dello “spazio”. Ogni cosa che, in pratica, circonda il pianeta Terra. In tutto il Novecento questo ‘luogo’ è stato il palcoscenico di lanci spettacolari e missioni da copertina. Oggi, però, è diventato anche qualcos’altro. A tutti gli effetti, per l’uomo è ciò che ospita una nuova infrastruttura strategica, oggi in evoluzione continua. Un’enorme piattaforma tecnologica che ogni giorno fornisce dati, immagini, connettività. Informazioni che, grazie alla combinazione tra osservazione satellitare e algoritmi di intelligenza artificiale, stanno cambiando anche il modo di produrre e gestire l’energia. E il Gruppo Enel è tra i protagonisti di questa trasformazione.
La crescita del mercato spaziale e il crollo dei costi di lancio e dei satelliti specializzati hanno aperto scenari fino a pochi anni fa impensabili. Lo spazio diventa così un “occhio” permanente rivolto alla Terra, capace di raccogliere dati quantitativi fondamentali per pianificare la produzione elettrica e rendere il sistema più resiliente di fronte a eventi estremi e cambiamento climatico. E se il fotovoltaico continua la sua corsa, laggiù sulla Terra, dove la potenza globale installata cresce a ritmi vertiginosi, grazie a costi per watt sempre più bassi ed efficienza dei pannelli sempre in aumento lo spazio può diventare la nuova frontiera della generazione energetica.
Il primo scenario è già realtà. È quello dell’Earth Observation di Enel, sviluppato in partnership con l’ESA, l’Agenzia Spaziale Europea. Uno dei progetti chiave riguarda la misurazione dello snow water equivalent, cioè il volume di acqua contenuto nella neve. Un dato tutt’altro che astratto: serve a stimare quanta acqua sarà disponibile, con la fusione delle nevi, per alimentare gli impianti idroelettrici nelle diverse stagioni. Tradotto: migliore pianificazione della risorsa, maggiore stabilità del sistema energetico.
Gli stessi dati satellitari consentono di affinare le previsioni meteo, sia a breve termine sia stagionali, con una ricaduta diretta sulla capacità di programmare la produzione e mitigare gli effetti del clima che cambia. Ma non finisce qui. Le immagini dallo spazio permettono anche il monitoraggio costante di infrastrutture sensibili come dighe e reti elettriche, aiutando a stabilire priorità di intervento e rafforzamento.
Grazie alla computer vision, con algoritmi di intelligenza artificiale in grado di analizzare automaticamente le immagini satellitari, Enel può ottimizzare operazioni complesse come il taglio selettivo della vegetazione in prossimità delle linee elettriche. Un’attività che, in molte aree del mondo, ha un impatto operativo enorme in termini di sicurezza e continuità del servizio.
C’è poi il tema della connettività. I satelliti in orbita bassa possono garantire comunicazioni stabili alle squadre operative impegnate sulle reti durante le emergenze, anche in zone non coperte o in assenza di segnale.
ENEL: Pannelli fotovoltaici nello spazio, una possibile rivoluzione nell’energia solare
Il secondo scenario guarda ancora più avanti. Qui lo spazio non è solo uno strumento, ma il luogo stesso della produzione. È la prospettiva del progetto SOLARIS dell’Agenzia Spaziale Europea, al quale Enel partecipa come partner. L’idea è realizzare centrali solari in orbita geostazionaria, a circa 36 mila chilometri dalla Terra, in grado di produrre energia quasi senza interruzioni grazie a un’esposizione continua alla luce solare.
Non è fantascienza. Il fotovoltaico spaziale esiste da oltre sessant’anni: dal piccolo pannello del satellite Vanguard I nel 1958 fino ai circa 2500 m2 di pannelli che oggi alimentano la Stazione Spaziale Internazionale. Le centrali immaginate da SOLARIS sarebbero però di tutt’altra scala: strutture estese fino a 5 chilometri quadrati, con pannelli ad alta efficienza, fino al 40% di conversione della luce solare.
L’energia raccolta verrebbe trasmessa a Terra sotto forma di microonde, ricevute da antenne dedicate e riconvertite in elettricità.
La sfida è dimostrare che l’intero processo – dalla conversione alla trasmissione wireless – possa essere efficiente e sostenibile su larga scala. È proprio questo l’obiettivo della fase di studio attuale: capire se avviare impianti dimostrativi e, nel decennio successivo, centrali commerciali. Se il percorso verrà confermato, le centrali solari spaziali potranno affiancare le rinnovabili terrestri come una nuova forma di generazione “sempre accesa”, riducendo la dipendenza dai combustibili fossili. E con un effetto collaterale tutt’altro che secondario: le innovazioni sviluppate per lo spazio – celle più efficienti, materiali avanzati, processi produttivi più economici – ricadranno anche sul fotovoltaico tradizionale. Una rivoluzione silenziosa, ma già in corso. In sintesi, lo spazio non è più solo esplorazione, ma una nuova infrastruttura strategica capace di rendere il sistema energetico più efficiente, sicuro e resiliente. Ed Enel utilizza già oggi queste tecnologie per migliorare la pianificazione della produzione, il monitoraggio delle reti e la gestione delle rinnovabili. Guardando oltre, il fotovoltaico spaziale apre la prospettiva di una generazione continua di energia pulita, in grado di affiancare e rafforzare le rinnovabili terrestri. Le innovazioni nate oltre la linea di Kármán stanno trasformando lo spazio da materia oscura e lontana a leva concreta della transizione energetica sulla Terra.




