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Altro che macchina del fango. E' la macchina del cancro

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Il silenzio di "Repubblica" sui morti d'amianto all'Olivetti. Il quotidiano di Mauro attacca il Cav per il metodo Boffo contro Alfano ma non dedica una riga al suo editore indagato per 20 morti

Andrea Tempestini
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Nuova produzione della macchina dell'ipocrisia in azione nella redazione della Repubblica. Ieri il quotidiano diretto da Ezio Mauro ha dedicato quasi una pagina al metodo Boffo, prendendo spunto da alcune domande su Angelino Alfano poste da un collaboratore di Panorama incaricato di eseguire un ritratto del ministro dell'interno. Centosessanta righe a firma di Filippo Ceccarelli, ma neppure una dedicata alla vicenda che riguarda il proprietario di Repubblica, ossia Carlo De Benedetti. Il quale da qualche giorno è indagato dalla Procura di Ivrea per la morte di una ventina di operai della Olivetti.  L'inchiesta, che arriva dopo un'analoga indagine aperta a Savona per la centrale a carbone di Vado Ligure in cui la holding dell'ingegnere aveva una rilevante partecipazione, non ha trovato spazio sulle pagine del quotidiano debenedettiano. Grandi articoli dedicati all'offensiva del Pdl sugli immobili, centinaia di righe sul condono fiscale targato Pdl, fior di pezzi sullo show down del Cavaliere e sul cupio dissolvi di Berlusconi secondo Letta, oltre che ovviamente sulla nemesi che stravolge la politica e colpisce Alfano. E poi via con le primarie, Prodi, il porcellum, i morti per il tifone nelle Filippine, la Libia e il plenum del partito cinese. Di tutto, di più. Manca una sola cosa nel corposo notiziario offerto dal giornale romano: le accuse al suo azionista di riferimento. Il quotidiano "indipendente" pare non ravvisare come notizia di interesse pubblico il fatto che uno degli imprenditori più conosciuti del Paese, nonché tessera numero uno del Partito democratico, sia coinvolto in una brutta storia di amianto e di morti sospette.  Eppure l'indagine, di cui riferisce Giacomo Amadori nelle pagine interne, non pare di poco conto, al punto che la Procura di Ivrea dopo averla avviata ha chiesto rinforzi per poter passare al setaccio le tante segnalazioni, arruolando gli esperti che il pm Guariniello ingaggiò per far condannare l'Eternit. Inoltre - secondo quanto risulta a Libero - le verifiche degli investigatori si starebbero allargando ad altri stabilimenti e non solo a quello di Ivrea, perché il talco avvelenato che sarebbe stato impiegato per montare i tasti delle macchine da scrivere non sarebbe stato in uso nella sola fabbrica piemontese, ma anche in altre e dunque esisterebbe il rischio che i lavoratori contaminati e ammalatisi a causa del l'esposizione all'amianto siano molti di più di quelli finora dichiarati. Ma c'è dell'altro. Come ha rivelato ieri Giacomo Amadori (il quale ha subito ricevuto un avviso di garanzia per aver scritto di atti giudiziari coperti dal segreto, a dimostrazione che ormai il nostro è un mestiere ad altissimo rischio) in base ai primi accertamenti la pericolosità del talco all'amianto era nota ai vertici di Ivrea fin dal 1981, ciò nonostante da quel che risulta alla Procura l'utilizzo del prodotto non sarebbe stato affatto sospeso, ma sarebbe proseguito per altri anni, esponendo così altri lavoratori al rischio di ammalarsi di tumore. Ora, a noi tutto ciò pare una notizia di rilievo. Non ci sono solo l'Ilva e l'Eternit a minacciare la salute degli operai: c'era anche la Olivetti dell'Ingegner De Benedetti, l'imprenditore rosso, il più compagno dei padroni, l'uomo che con le sue attività avrebbe voluto specializzarsi nella produzione del sol dell'avvenir o almeno così ci ha fatto credere. E invece no. Quell'arma di distrazione di massa che è il quotidiano Repubblica non degna l'inchiesta a carico del suo ex presidente nonché nume tutelare nemmeno di una breve. Abbiamo sfogliato tutto il giornale, rivoltandolo dall'inizio alla fine, scrutando anche fra le necrologie: niente, neppure una riga: un piccolo pezzo il primo giorno, proprio lo stretto necessario, e poi basta. Un'inchiesta sulla morte di decine di operai non è forse degna di essere seguita e di ricevere attenzione? Meglio scrivere di Berlusconi, Alfano e di macchina del fango, tacendo su quella del cancro in azione ad Ivrea?  La sensazione è che il nostro sia un Paese all'incontrario, che dà la caccia alle mignotte del Cavaliere e non si cura delle presunte mignottate dell'Ingegnere. Ma è più grave andare a donne che mandare qualcuno al camposanto? Speriamo che i giudici ci illuminino presto, restituendoci l'immagine candida del Barone rosso di Repubblica, come sempre è avvenuto in passato con le inchieste che lo hanno sfiorato, da quella sul crac del Banco Ambrosiano a quella sulle telescriventi. Così Ezio Mauro e compagni potranno continuare indisturbati. Auguri. di Maurizio Belpietro @BelpietroTweet

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