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L'Inghilterra perde i pezzi, nel 2014 la Scozia vota l'indipendenza

Un solo quesito e risposta sì\no. Il premier inglese Cameron a Edimburgo per fissare il referendum che può cambiare la storia del Regno Unito

Roberto Procaccini
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Un referendum per l'indipendenza della Scozia. Il primo ministro inglese David Cameron vola ad Edimburgo per siglare l'accordo con il capo del governo scozzese, Alex Salmond, sul quesito referendario che potrebbe cambiare la storia del Regno Unito. Il patto è già raggiunto: il voto si terrà nel 2014, e non nel 2013, e il diritto al voto lo avranno i maggiori di 16 anni, come vuole la parte scozzese per ampliare il bacino di consensi ed avere più tempo per la campagna elettorale. Il quesito sarà uno ("Scozia dentro o fuori dall'Uk?") e con risposta sì/no, come preferisce Cameron per risolvere la faccenda in maniera chiara e senza dare adito ad interpretazioni. Appuntamento con la storia - Salmond, leader del partito Nazionalista Scozzese, a 700 anni dala battaglia di Bannockburn (ricordata nel Braveheart di Mel Gibson, battaglia cara agli indipendentisti in kilt) e a 300 dall'unificazione formale dei regni di Inghilterra e Scozia, può aprire un nuovo capitolo nella storia del Regno Unito. Ma il percorso è in salita: mentre i Laburisti cominciano la propria campagna per elettorale con tanto di polemiche, un primo sondaggio vede gli unionisti in vantaggio di venticinque punti percentuali.   Apripista - Il referendum scozzese non è una faccenda che riguarda solo i sudditi della regina. In un'Europa dove ribollono i nazionalismi, un'eventuale vittoria dei secessionisti potrebbe aprire la strada ad altri referendum dello stesso tipo. Gallesi e irlandesi del nord nel Regno Unito, catalani e baschi in Spagna, fiamminghi e valloni in Belgio, curdi in Turchia, veneti e padani in Italia, lapponi in Finlandia, non manca chi può prendere spunto dagli scozzesi per trovare nelle urne l'indipendenza.

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